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Dopo il Coronavirus torneremo ad essere quelli di prima? Me lo chiedo da giorni, il rischio è alto.

 

 

Ognuno forse tra qualche mese, racconterà la storia a modo proprio, metteremo in discussione tutto e il contrario di tutto, ma sarebbe un errore imperdonabile.

Il Coronavirus non è stata una guerra, né un attacco terroristico. È stato un atto di ribellione della grande casa che abitiamo: madre terra.

Questo cambiamento deve coinvolgere tutti, il Coronavirus ci ha  ricordato in modo spietato, che siamo tutti “sulla stessa barca”: o ci si salva tutti, o non si salva nessuno.

Perché il nemico non è un altro stato, non una nazione, non un nemico lontano, ma è troppo vicino ed invisibile.

Giovanni Paolo II ci ricordava: "Se vuoi la pace costruiscila qui, adesso, con ciascuno, con il vicino, con il lontano, con ogni vivente".

L'unica arma è la nostra umanità, restare umani o tornare umani, lo dobbiamo ai morti vinti dal virus e a quanti - sacerdoti, medici, infermieri, volontari - sono morti per salvare le altre vite.

All'interno del campo di concentramento dove ha abbracciato la morte San Massimiliano Kolbe è scritto: "Chi dimentica la propria storia si condanna a ripeterla".

Il virus ha fermato l'accumulare, il correre a volte senza vivere davvero, ha fermato il fare continuamente.

Dobbiamo tornare a gustare il presente per preparare il futuro.

 

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