Con il rito dell’imposizione del sacro pallio da parte del Nunzio apostolico in Italia, mons. Emil Paul Tscherrig, l’arcivescovo Michele Seccia entra nel novero dei metropoliti della Chiesa di Lecce.
“Conformarsi al Buon Pastore – dichiara mons. Seccia a poche ore dalla solenne cerimonia – ma anche prendere il suo giogo su di noi Chiesa di Lecce per essere miti ed umili di cuore come lui e crescere nella comunione. Il pallio, oltre a rappresentare la pecora più debole che il pastore porta sulle sue spalle, come ha spiegato il Beato Paolo VI può essere paragonato anche al giogo. Esso consente, anzi obbliga, i buoi a camminare insieme e a compiere azioni comuni: mai uno senza l’altro. Questo sto chiedendo al Signore in questi giorni: che ci sostenga sulla faticosa via dell’unità nella nostra comunità diocesana”.
Una cerchia, quella dei metropoliti leccesi, ancora molto ristretta. Sebbene infatti la sede vescovile della nostra città sia molto antica (addirittura risalente al I sec., se si accetta la tradizione locale che identifica in Sant’Oronzo un discepolo dell’apostolo Paolo) tuttavia essa, storicamente, è sempre stata sottoposta alla cattedra episcopale di Otranto. Fu soltanto a partire dal 28 Settembre1960 che la diocesi leccese fu sciolta dalla sua secolare suffraganeità nei confronti della Chiesa Idruntina, divenendo immediatamente soggetta alla Santa Sede, in virtù della bolla Cum a nobis di Giovanni XXIII. Il ribaltamento totale del legame tra le due chiese sorelle avvenne però nel 1980 allorquando Giovanni Paolo II, nel contesto di una profonda revisione delle province ecclesiastiche pugliesi, elevò Lecce al rango di arcidiocesi metropolitana. Da quel momento i vescovi otrantini conservarono sì il titolo onorifico di “Primate del Salento” ma il pallio sarebbe stato indossato dai presuli del capoluogo: il primo a farlo fu mons. Francesco Minerva (1981).
Il pallio simboleggia, in maniera nitida, la piena comunione con la Sede Apostolica Romana e la potestà che, attraverso di essa, viene acquisita da chi lo indossa sulla propria giurisdizione. Una volta ricevuta l’imposizione, i metropoliti potranno sì indossarli ma esclusivamente all’interno dei confini della propria diocesi e di quelle suffraganee perché solo il pontefice romano ha la facoltà di portare il pallio in qualsiasi luogo od occasione.