Dopo aver presieduto l’Eucaristia nella cappella dell’Istituto di pena di Borgo San Nicola, ieri mattina l’arcivescovo Michele Seccia ha presieduto il solenne pontificale della Domenica di Pasqua nella cattedrale di Lecce.
“La Risurrezione di Cristo, amici cari - ha detto l’arcivescovo nell’omelia (LEGGI IL TESTO INTEGRALE) -, ci dice che il dolore non ci è tolto, ma che quello stesso dolore non ha l’ultima parola su di noi. La Risurrezione che oggi celebriamo diviene lo spazio - nel qui ed ora - nel quale possiamo sperimentare la forza della vita che non si arrende alle logiche velenose del mondo, Nella Risurrezione di Cristo possiamo riscoprirci preziosi, tanto da valere il suo sangue”.
“«Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!» - esclama, ancora incredula, Maria di Magdala nel comunicare inconsapevolmente la bella notizia della Risurrezione -. E la corsa di Pietro e Giovanni verso la tomba di Gesù - tra sfiducia e curiosità - è, invece, una corsa carica di speranza anche se «non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti». Chissà cosa avrà pensato Pietro mentre, con l’affanno dell’età e della stanchezza delle notti insonni, correva verso il giardino del sepolcro. Chissà se gli sono tornate alla mente le parole del suo Signore che più volte aveva annunciato ai suoi amici il dolore e la morte del Venerdì Santo ma anche la promessa della risurrezione. Se lo sarà ricordato? Oppure avrà avuto solo paura? Chissà. E Giovanni, il discepolo “che egli amava”, con quale entusiasmo, quasi da centometrista, è arrivato per primo sull’ingresso del sepolcro vuoto? La contemplazione della Pasqua del Signore ci crea nell’animo suggestioni e sentimenti belli, è vero. Ma poi, con i piedi per terra, dobbiamo correre anche noi. Perché la sequela, fratelli e sorelle, è una corsa che ogni giorno deve consentirci di arrivare per primi al sepolcro vuoto: il mistero più grande della nostra fede”.
“Correre al sepolcro vuoto, diventi in questa nuova Pasqua, anche il nostro coraggio di testimoniare - ha ammonito Seccia -. Ci seguiranno in tanti verso quella tomba vuota se saremo credibili e, in tanti, crederanno come noi. La Pasqua è la festa della speranza, nella quale tutte le nostre storie incidentate confluiscono e vengono trasformate in bellezza da colui che è bellezza. La Pasqua è la festa della libertà, nella quale tutta l’umanità compie il suo step evolutivo finale, cioè si libera in maniera definitiva della morte e si ricongiunge alla vita che non tramonta”.
“La Pasqua è la festa della pace - ha concluso -, donata dal Signore Risorto al prezzo altissimo della passione. L’ho già detto nell’omelia della Veglia e lo sentiremo più volte in questi giorni il saluto del Risorto: ‘Pace a voi’ La pace raggiunga, come una lunga catena umana, le città e i Paesi dove la guerra distrugge, perseguita e uccide gli uomini e le donne, o vecchi insieme ai bambini. Tacciano per sempre le armi e la pace del Risorto conquisti il cuore di chi - per interessi politici ed economici - continua a bombardare la speranza dei popoli e ad ammazzare gli innocenti, i nuovi crocifissi del nostro tempo”.