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25 aprile 1945. Una data che ha segnato la storia del nostro Paese, una data che ci riporta in un passato non molto lontano, ma che indica percorsi da seguire nel nostro presente, per la costruzione di un futuro migliore.

 

 

La Festa della Liberazione o l’anniversario della Resistenza assume un colore e un significato particolare settantacinque anni dopo. Forse la prima volta, da quel giorno rimasto impresso nella memoria di noi italiani, senza sfilate, cortei, discorsi, abbracci e strette di mano, chiusi nelle nostre case. In nostalgica attesa di tornare nelle piazze, in attesa dell’incontro, della riscoperta del dialogo.

E dalla ‘clausura’ forzata ma necessaria ma che comunque invoca libertà, l’arcivescovo Michele Seccia con un videomessaggio girato sul terrazzo dell'episcopio prende spunto per invitare alla presa di coscienza di una libertà nel senso più ampio del termine, in nome del rispetto delle istituzioni e della dignità dell’uomo, di ogni uomo.

“Non solo una storia di tensioni e di guerra - precisa l’arcivescovo - ma una storia anche di progresso sulla promozione della dignità di tutti, una democrazia reale e non virtuale”, concreta e vera, fatta di accoglienza e non di rifiuto. Una responsabilità sociale che interpella tutti: la libertà è solo esteriore? Siamo veramente liberi? Sono delle domande che ci invitano alla riflessione, alla riscoperta e al valore della democrazia, nel suo significato più profondo e autentico.

 

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