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«Nella celebrazione eucaristica, gli occhi dell’anima sono ricondotti al Triduo pasquale». Così scrive il nostro arcivescovo nella sua ultima Lettera Pastorale, “Chi spera in Dio non resta deluso. La forza della speranza” al n. 30.

 

 

Nel giorno in cui come Chiesa diocesana rendiamo lode al Signore per il dono del sacerdozio di mons. Seccia, vogliamo - con un po’ di fantasia - tornare indietro nel tempo per rubare uno sguardo a un giovane che col suo “Eccomi” decide di puntare per il resto della sua storia gli occhi dell’anima all’Eucaristia.

Da questo piccolo particolare comprendiamo il mistero d’amore da cui si è lasciato avvolgere il nostro presule. Con estrema semplicità ci svela il segreto di una chiamata al sacerdozio che resta dono per i tanti che da allora incontra sulle strade dell’annuncio e mistero che riverbera l’amore di Dio per gli uomini.

Sono 43 anni che gli occhi della sua anima si lasciano rapire dal miracolo più grande che Dio ha deciso di consegnare all’umanità: l’Eucaristia.

Chi ha avuto la possibilità di stare accanto a don Michele (tanti ancora così affettuosamente lo chiamano), durante la celebrazione eucaristica, avrà avuto modo di notare il suo sguardo intenso e profondo rivolto verso il pane e il vino divenuti Cristo presente in mezzo al suo popolo radunato. Sguardo rapito che lascia trapelare per qualche istante la vocazione divenuta risposta d’amore della creatura verso il suo Creatore.

Da quel 26 novembre del 1977 quanti sguardi rapiti e rivolti verso l’Eucaristia.

Da allora, con altrettanto rapimento ed estasi, tanti sguardi rapiti e rivolti verso gli occhi di uomini e donne, piccoli e grandi, malati e sani… a cui ha annunciato il Vangelo della gioia.

Da parte di tutta la Chiesa che è in Lecce non può esserci augurio più bello in questo anniversario vissuto in un tempo particolarmente difficile:

Gli occhi della sua anima, eccellenza, continuino ad multos annos ad essere rivolti verso l’Eucaristia e allo stesso modo verso ciascuno di noi e continui ad insegnare anche a noi - ci permettiamo di chiedere - a fare altrettanto”.

 

 

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