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Avvicinandosi il giorno del 70° compleanno (il 6 giugno) dell’arcivescovo Michele Seccia che la Chiesa di Lecce festeggerà in tre diversi momenti (GUARDA SOTTO), Portalecce ha pensato di raccogliere frammenti della sua vita attraverso i racconti e i ricordi di chi lo ha conosciuto da vicino. Brevi istantanee che ripercorrono la vita di un ragazzo, di un sacerdote, di un vescovo che ancora oggi continua a scrivere pagine di vita evangelica.

 

 

 

Nel percorso formativo dei seminaristi un tempo, dopo aver superato gli esami di quinto ginnasio nel seminario vescovile di Lecce si passava a Molfetta a frequentare dapprima il liceo classico e poi, a seguire, gli anni di studio filosofico-teologico. Il pontificio seminario “Pio XI” diventava la casa comune di formazione verso il sacerdozio. Nel settembre 1967 fummo in tanti di primo liceo ad entrare a fare parte della grande comunità del seminario: oltre 90 seminaristi provenienti dalle diocesi pugliesi. Da Lecce solo tre: Enrico Chirizzi, Carmelo Rampino, Luigi Scardino. I superiori optarono di dividerci in tre corsi di primo liceo: tra questi, proveniente da Barletta, Michele Seccia. Per tutti, pur divisi in tre gruppi e con diversi educatori, era proposto lo stesso percorso di formazione e di discernimento vocazionale: vita in comune, scuola, studio, preghiera, ore libere e gioco.

Il calcio era lo sport più praticato e partecipato. La sfida amichevole e competitiva tra salentini e baresi (non c’era ancora la Bat) era sempre accesa e vivace. Nel calcio si tifava all’inverosimile e Seccia stava in tribuna ad applaudire i suoi, ma quando si cantava o si recitava in dialetto salentino si sentiva coinvolto nella comune risata.

Insieme, pur in gruppi diversi, a Molfetta abbiamo frequentato il primo e secondo liceo con sudata promozione interna alla scuola del seminario e con esami esterni annuali al liceo statale per conseguire il titolo riconosciuto e valido per la scuola pubblica. Sono stati anni intensi, ben vissuti e con un buon profitto.

È stato un tempo di grandi fermenti: si respirava l’aria nuova del “post Concilio” ricco di nuove prospettive per la Chiesa e per la Società in evoluzione; inoltre, il “sessantotto” con la contestazione del sistema e con la fantasia al potere fece breccia anche nel seminario. Noi, liceali, i più piccoli, guardavamo e assecondavamo le idee e le iniziative contestatarie dei più grandi dei corsi di teologia. Molti lasciavano il seminario o erano consigliati a ritornare al loro paese. Noi, promossi al terzo liceo, avendo i vescovi deciso di separare il liceo dalla teologia, siamo stati mandati al seminario di Taranto.

Eravamo ormai circa 60 seminaristi, divisi in due corsi. Bravi educatori ed esimi professori ci hanno permesso di vivere un anno stupendo, pur con qualche nostra contestazione essendo ora noi i più grandi del seminario e con nuove esigenze. E Seccia? Bravo nello studio, distinto nel comportamento, aperto all’amicizia e pronto alla battuta per creare un clima sereno e gioioso. Il motto del suo stemma episcopale era già presente nel suo stile sin dalla giovinezza.

L’esperienza più bella, proficua e interiore, l’ho condivisa con l’arcivescovo nel pellegrinaggio a Lourdes con l’Unitalsi. Alla fine di luglio 1970, appena conseguita la maturità classica, fummo invitati a partecipare al pellegrinaggio col Treno bianco. Erano numerosi gli ammalati e i diversamente abili che, in carrozzina o in barella, venivano portati a Lourdes.

Noi, piccolo gruppo di giovani seminaristi, eravamo chiamati a svolgere il compito di “barellieri”. Con Seccia abbiamo vissuto un’esperienza forte e indimenticabile. Una settimana sempre a servizio, sia sul treno che a Lourdes, a contatto con il “dramma dell’uomo”: la sofferenza.

Tornati dal pellegrinaggio, arricchiti, formati e più motivati, con l’aiuto di Maria, abbiamo ripreso il percorso della formazione al sacerdozio, ma su strade separate. Michele Seccia, dal suo vescovo, fu mandato a Roma; noi di Lecce al seminario teologico di Molfetta… Per giungere, poi, dopo qualche anno, alla comune meta del sacerdozio.

 

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