Aria frizzante nella Chiesa di Lecce; aria di gioia familiare e coinvolgente dal momento che il padre e pastore di questa comunità ecclesiale locale, l'arcivescovo Michele Seccia, ieri ha lodato il Signore per i settanta anni di vita.
E allora quale modo più semplice ed efficace che dire grazie con la celebrazione eucaristica?
Trasmessa da Portalecce e Telesalento (GUARDA) ha visto l'affettuosa partecipazione del card. Salvatore De Giorgi, del vescovo Cristoforo Palmieri, del clero diocesano e religioso, di una rappresentanza proveniente da Barletta, città natia di Seccia oltre che di San Severo e di un bel gruppo di preti di Teramo-Atri, comunitá servite dal presule leccese nel suo fecondo, lungo e ormai quasi venticinquennale ministero episcopale.
A fare gli onori di casa il vicario generale mons. Luigi Manca che, nell'indirizzo di saluto all'inizio della celebrazione, ha subito messo in risalto lo spirito che ha caratterizzato la giornata di ieri: quello del riconoscere i benefici ricevuti dal Signore (LEGGI L’INTERVENTO INTEGRALE) attraverso la persona dell’arcivescovo Seccia.
Commossa ma come sempre entusiasta l'omelia del pastore leccese che si è strutturata sul brano evangelico del giorno, quello delle beatitudini secondo l’evangelista Matteo, non lesinando un accenno a ciò che, in quanto festeggiato, lo interessava.
Celebrare una ricorrenza non può essere un fatto abitudinario; per un cristiano è occasione per guardare a ritroso il tempo donatogli così da saper scorgere l'origine di tutto.
Ha detto: " cari presbiteri, care sorelle e fratelli, non siamo qui per porre il vescovo al centro dell'attenzione; siamo qui per celebrare Lui, il Dio della vita, che chiama tutti noi ad essere segno indelebile del suo amore. Pertanto, il compleanno, meglio ancora se di un battezzato, è occasione propizia per fare un bilancio di quanto e di come tale progettualità di vita sia in divenire nello scorrere dei giorni".
La meta cui tendere è certamente la beatitudine da non intendersi come la semplice e frivola emozione del momento ma come la certezza di essere custodito da Dio.
Ancora Seccia: "quante volte dicendo che qualcuno è beato, tale affermazione non riveste i canoni della nostalgia-invidia per qualcosa che non vorremmo ma non potremmo avere? La beatitudine è la certezza che, se guidati dal Signore, arriveremo ad essere incarnatori del Vangelo".
Perché possa avvenire tutto questo, ogni discepolo deve uscire fuori da sé, deve salire sul monte per cercare, trovare e gustare Colui che è senso ai suoi giorni.
Ancora l'arcivescovo di Lecce: " ci doni, il Signore, la grazia di compiere ciò che i più intimi a lui hanno fatto: salire il monte e metterci a sedere. Sul monte Lui ci attende e noi, ponendoci ai suoi piedi, impariamo che solo in Lui c'è salvezza e speranza".
Prima della benedizione finale una gradita sorpresa per Seccia: anche il Santo Padre non ha mancato di farsi vicino alla gioia del presule salentino attraverso un messaggio augurale (GUARDA) inviato dal sostituto alla Segreteria di Stato, l'arcivescovo Peña Parra. Papa Francesco nell'implorare benedizioni e grazie per mons. Seccia ne riconosce lo spessore umano e la testimonianza pastorale coerente ed efficace. Poi dal presbiterio diocesano il dono di un busto in terracotta raffigurante il viso sorridente del pastore, opera dell’artista Marco Epicochi di Lecce.
Il 7 giugno, dunque, è stato il clou di un tempo in cui la Chiesa di Lecce ha re-imparato a gustare il dono che è l'arcivescovo Seccia per tutta la realtà ecclesiale locale, per la quale si spende con abnegazione, amore e generosità.
Stasera alle 19,30 il secondo atto delle celebrazioni: in duomo il concerto “Laus tibi domine” in onore dell’arcivescovo neo-settantenne a cura dell’orchestra d’archi del Conservatorio “Tito Schipa” di Lecce. Diretta su Portalecce e Telesalento.
Racconto per immagini di Arturo Caprioli.