I mercati finanziari, cioè le Borse dove si scambiano azioni, obbligazioni, merci e tanto altro, non sono un buon termometro dell’economia.
Non deve stupire se il primo aumento dopo 11 anni dei tassi di interesse ufficiali (0,5% deciso giovedì dalla Banca centrale europea) sia stato assorbito senza gravi danni. Era atteso e nelle ultime settimane si era capito che non sarebbe stato solo uno 0,25%. Da Francoforte l’intervento della Bce entrerà nelle case e nelle imprese.
Molto schematicamente, chi ha risparmi potrà sperare di veder remunerati maggiormente i propri depositi bancari e postali ma anche i prestiti che le famiglie fanno ad esempio, anche se non è chiaro a tutti, allo Stato quando sottoscrivono un Btp o un altro titolo governativo. La remunerazione si alzerà di qualcosa non certo abbastanza per recuperare quanto viene mangiato da un’inflazione pesantissima tra l’8 e il 9%.
La Bce entrerà in casa pesantemente per chi ha bisogno di prestiti di breve durata o di lunga durata. Ad esempio, un nuovo mutuo che costerà di più. Per chi ha già mutui in corso si appesantisce la rata del mutuo variabile. Chi ha un mutuo a tasso fisso è abbastanza tranquillo soprattutto se riesce a mantenere compatibile il proprio introito con la rata da pagare.
Ma perché le banche centrali aumentano o diminuiscono il costo del denaro? Quando abbassano i tassi vogliono dare una spinta all’economia, creare lavoro, rendere meno oneroso utilizzare un prestito per la casa o per l’impresa. Quando rendono il denaro più caro, come è avvenuto giovedì, vogliono (almeno in tempi normali) evitare che troppa benzina entri nel motore con il rischio di far correre troppo l’economia e i prezzi. Insomma, usano freno e acceleratore. Fra guerra, pandemia, costo dell’energia questo gioco di pedale non è facile. Frenare la corsa dei prezzi e dare smalto all’economia muovendo i tassi di interesse. Altri interventi sono previsti nei prossimi mesi.