Bisognerà attendere la prossima settimana per fare il punto sulle misure di sostegno contro il caro energia.
I due “decreti aiuti” - il “bis” di cui è in corso la conversione in legge e il “ter” che dev’essere ancora varato dall’esecutivo - devono fare i conti con la particolare situazione politico-istituzionale provocata dalla crisi del governo Draghi e dal conseguente scioglimento delle Camere.
In questo contesto l’esecutivo dimissionario è certamente abilitato a intervenire per fronteggiare emergenze come quella dell’energia, ma ha strumenti ridotti (per esempio non può porre la questione di fiducia) e deve confrontarsi costantemente con i partiti.
Così il Consiglio dei ministri che si è riunito ieri non ha adottato alcun nuovo provvedimento, ma si è limitato ad approvare la relazione del premier e del ministro dell’Economia che aggiorna gli obiettivi programmatici di finanza pubblica alla luce delle maggiori entrare che sono state contabilizzate negli ultimi mesi (per esempio la tassazione degli extra-profitti degli operatori nel campo dell’energia o la crescita dell’Iva indotta dall’inflazione).
In pratica sono emersi 6,2 miliardi che potranno essere spesi senza creare nuovo deficit e che costituiranno la componente principale del “decreto aiuti ter”. La relazione sarà presentata in Parlamento a stretto giro perché venga autorizzato l’impiego previsto dal governo. La portata complessiva del decreto dovrebbe aggirarsi tra i 10 e i 13 miliardi, sempre attingendo alle risorse esistenti ed evitando quindi lo scostamento di bilancio. Con il quadro finanziario globale che si sta delineando e il robusto aumento dei tassi d’interesse deciso dalla Bce è importante avere uno sguardo attento sui conti pubblici.
Intanto però si è complicato in Senato l’iter del “decreto aiuti bis”, il provvedimento licenziato dal governo a inizio agosto con un pacchetto di misure per famiglie e imprese dall’ammontare di circa 17 miliardi, che si andrebbero ad aggiungere ai 35 già messi in campo nel 2022. Il decreto però dev’essere convertito in legge entro l’8 ottobre, pena la sua decadenza. Tenendo conto che il 25 settembre si svolgeranno le elezioni e che il 13 ottobre è fissata la prima riunione delle nuove Camere i tempi sono strettissimi, tanto più che nel frattempo dovrebbe arrivare in Parlamento anche il “decreto aiuti ter”. Ma la campagna elettorale si fa sentire e sul decreto in via di conversione sono stati presentati oltre 400 emendamenti. Nell’ultima riunione dei capigruppo non è stato possibile raggiungere un accordo per ridurre drasticamente le richieste di modifica avanzate dai partiti e l’approdo del provvedimento nell’Aula di Palazzo Madama è slittato a martedì 13 settembre. Tutto rinviato alla prossima settimana, dunque, quando si conosceranno anche le decisioni assunte a livello europeo.