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Al via da lunedì scorso sui portali delle Regioni le prenotazioni delle vaccinazioni con i nuovi vaccini bivalenti Comirnaty di Pfizer e Spikevax di Moderna che contengono lo Spike di Wuhan più quello aggiornato di Omicron 1 (BA.1).

 

 

Roberto Cauda, ordinario di malattie infettive all’Università Cattolica e direttore dell’Unità di malattie infettive al Policlinico Agostino Gemelli Irccs di Roma, nonché consulente esterno dell’Ema, spiega il funzionamento e l’efficacia dei nuovi vaccini e guarda all’autunno con ottimismo.

Professore, come funzionano questi due nuovi vaccini adattati a Omicron 1?

Si tratta di vaccini genici, non troppo diversi da quelli fino ad ora utilizzati, una parte dei quali è il vaccino classico costruito sul virus di Wuhan, il virus archetipo, quello che abbiamo ricevuto finora, e l’altra è invece adattata a Omicron 1 che come sappiamo è una variante molto diversa dalle precedenti perché non presenta solo qualche mutazione dello Spike, ma addirittura 50.

 

Omicron 1 non sta più circolando in Italia; attualmente oltre il 90% del virus circolante è Omicron 5, sottovariante sulla quale il nuovo vaccino non è tarato.

È vero, ma alcuni trial hanno dimostrato che se la protezione di questo vaccino bivalente è ottima per Omicron 1, è buona anche per Omicron 4 (BA.4) e Omicron 5 (BA.5). Le industrie farmaceutiche stanno comunque già lavorando ad un nuovo vaccino aggiornato su Omicron 4 e 5 che non credo stravolgerà l’efficacia dell’attuale bivalente in circolazione, già molto alta.

L’Ema (Agenzia europea del farmaco) e l’Ecdc, Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie hanno rilasciato il 6 settembre una dichiarazione congiunta, seguita il giorno dopo in Italia da una circolare del ministero della Salute. A chi è raccomandato questo nuovo vaccino?

La circolare del Ministero traccia il perimetro all’interno del quale in maniera prioritaria devono essere somministrati questi nuovi vaccini bivalenti: come quarta dose (o meglio secondo richiamo) a soggetti over 60, o con patologie sottostanti, a immunocompromessi, personale sanitario, ospiti e personale delle Rsa, a donne in gravidanza. Tutte categorie di persone per le quali è bene “rafforzare” l’immunità che già si è acquisita con la terza dose (primo richiamo). Occorre tuttavia sottolineare che una percentuale non irrilevante di soggetti eleggibili a questo primo richiamo non lo ha ancora ricevuto. Tuttavia, è importante farlo: i vaccini non interrompono la trasmissione del virus, l’infezione può verificarsi egualmente, ma proteggono in maniera elevata dalle forme gravi. Questa ultima grande ondata estiva ha dimostrato chiaramente che, pur in presenza di oltre 100mila contagi al giorno non c’è stato uno stress su ospedali e terapie intensive, e il numero dei decessi è rimasto contenuto rispetto a quanto verificatosi in precedenza.

 

Il nuovo vaccino è raccomandato ad un’ampia platea di soggetti per diversi motivi “a rischio”. Gli altri?

Il Ministero non ha ancora stabilito, ma si riserverà a breve di farlo, se questi soggetti dovranno o meno fare un richiamo. Oltre ad un’immunità legata agli anticorpi - che nei mesi successivi alla vaccinazione tende a diminuire progressivamente - esiste un’immunità cellulare che perdura nel tempo e impedisce che si sviluppino forme gravi di malattia anche a distanza di mesi dal vaccino. È dunque probabile che nei soggetti più giovani che non presentano patologie sottostanti e che hanno verosimilmente risposto in maniera adeguata alla somministrazione delle precedenti vaccinazioni, non si debba al momento procedere con un secondo richiamo. A meno che non si verifichi uno scompaginamento delle carte dovute ad una nuova variante, credo bisognerà convivere con questo virus, ed oggi siamo in grado di farlo.

Intende dire che possiamo ritenere conclusa la fase pandemica? Un segnale in questo senso viene anche dalla scuola con l’abolizione dell’obbligo di mascherina e della Dad…

Siamo in un’interessante fase di transizione. L’allentamento delle misure precedentemente in vigore, tra cui la riduzione della quarantena e dell’isolamento, mostrano che ci stiamo avviando verso un modello di contrasto simile - pur trattandosi di due malattie diverse - a quello dell’influenza: non siamo in grado di interrompere l’infezione ma si proteggono le persone più a rischio dalle forme gravi. Questa pandemia potrebbe avere una coda ulteriore con la quale è bene convivere proteggendo i più fragili. Occorre inoltre mettere in campo un sistema di sorveglianza epidemiologica simile a quello, ottimo, che abbiamo con Influ-net.

Quindi la fase più complicata sembra ormai alle spalle?

Verosimilmente sì, anche grazie al fatto che abbiamo quasi il 90% della popolazione adulta vaccinata e disponiamo di nuovi vaccini, farmaci e anticorpi monoclonali. Pur con le dovute differenze, oggi siamo in un contesto simile a quello dell’influenza.

Questo lo scenario attuale. In prospettiva, dicevamo, il vaccino contro Omicron 4 e 5, sempre insieme al ceppo di Wuhan. Perché?

Esiste un fenomeno immunologico che si chiama “original sin” (peccato originale, ndr), in base al quale il nostro sistema immunitario risponde in maniera prioritaria contro l’antigene (il vaccino) che ha già “visto”, con cui ha avuto un primo impatto, più che verso uno nuovo. Tende cioè ad utilizzare la memoria immunologica: questo meccanismo spiega la scelta di conservare Wuhan anche negli attuali vaccini.

È immaginabile un vaccino che blocchi del tutto l’infezione?

In India e in Cina sono attualmente in fase di sperimentazione due vaccini che potrebbero essere utilizzati come vaccinazioni primarie o richiami, o addirittura uniti al vaccino per via sistemica, perché somministrati o per bocca o per via inalatoria potrebbero stimolare un’immunità locale a livello del naso e della bocca, vie di ingresso del virus, bloccandone in questo modo l’accesso e impedendo l’infezione. Come accade con altri tipi di vaccini, ad esempio quelli contro il morbillo e il vaiolo.

 

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