“In politica essere moderati è un esercizio di radicalità nel senso che non istiga, non cerca capri espiatori, non vive di contrapposizioni. La moderazione non esclude indignazione, collera, ma trova nell’essere «per», e non «contro», la propria essenza”.
È quanto afferma Padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica. Nella grammatica politica tradizionale, sono considerati moderati coloro che presidiano la conservazione dello status quo e che, per questo motivo, mancano di coraggio nel discernimento delle diseguaglianze sociali e nella proposta di un loro superamento. Nella accezione invece che ne dà Spadaro, moderato è colui che “non vive di contrapposizioni” e “non istiga”. La moderazione, in questa accezione, si declina come modalità del “fare politica” e non invece come categoria politica.
Per evitare il rischio di fraintendere la moderazione come mero posizionamento politico e non già come tratto comportamentale, meglio sarebbe, allora, parlare di educazione. Una politica educata è una politica che costruisce soluzioni ai problemi della comunità con spirito “laico” , cioè tenendo lontano i pregiudizi che l’ideologia o la stessa religione produce; si mette in ascolto della società, facendo i conti con la realtà così come essa è e non come si vorrebbe che fosse; governa le dinamiche dei vari interessi in gioco con gli strumenti della mediazione e dell’equilibrio; si serve del buon senso senza assecondare il senso comune che alimenta i vari populismi e sovranismi.
Ecco quello che oggi servirebbe: una politica educata. Educata per lo stile improntato all’ascolto e al dialogo, e per i contenuti, la cui progettazione non può prescindere, se davvero si vuole essere al servizio della comunità, dalla competenza e dalla formazione. Tutto questo Aldo Moro lo chiamava “l’intelligenza degli avvenimenti”.
La provocazione di Padre Spadaro, tuttavia, colpisce per la caratteristica che deve avere la moderazione: la radicalità. Che cosa è una politica educata “radicale”? La politica educata è radicale innanzitutto quando non è estemporanea, emotiva, istintiva, ma è radicata nel senso che ha memoria delle proprie radici definitivamente espresse nella Costituzione della Repubblica antifascista e personalista, e nel senso che non è elitaria, di salotto ma popolare, in quanto si nutre delle istanze e delle speranze della comunità.
La politica educata è radicale, poi, quando dice la verità, parla un linguaggio di verità. Non indugia in mirabolanti promesse; non imbonisce i cittadini; Ancora Moro: “datemi da una parte milioni di voti e toglietemi dall’altra parte un atomo di verità, ed io sarò comunque perdente…”.
La politica educata è radicale, altresì, quando incarna il senso del “limite” della politica stessa, che non avrà mai l’obiettivo della realizzazione della “terra promessa in cui scorre latte e miele” perché la terra promessa semplicemente non esiste; esiste soltanto “un posto migliore dell’Egitto”. Questo senso del limite, tuttavia, non impedisce alla politica educata di incarnare il “principio del non appagamento”, in virtù del quale essa rifiuta la resa allo status quo e tiene sempre viva l’ansia del cambiamento. Da questo punto di vista, allora, la politica educata è naturalmente riformista.
La politica educata, last but non least, è radicale quando esercita il potere con la consapevolezza che non si governa comandando ma accompagnando la comunità (De Rita); occupandosi prioritariamente del futuro delle nuove generazioni, degli esclusi e dei non garantiti; promuovendo “processi e non occupando spazi” (Papa Francesco); non chiudendosi in recinti autoreferenziali. Da questo punto di vista, la politica tornerà ad essere credibile quando non alimenterà più i cosiddetti cerchi magici, oligarchie costruite in base alla fedeltà al capo e impegnate ad occupare tutti i possibili posti di potere con l’obiettivo, non tanto nascosto, di assicurarsi quelle reti clientelari necessarie alla sopravvivenza.
Ho sottolineato alcuni tratti di una politica educata che mi piacerebbe riscoprire non solo nell’idea ma anche nella prassi del Pd.
Faccio un appello alle molteplici realtà associative del cosiddetto Terzo Settore: occupate il Pd e rottamate tutti, ma proprio tutti i dirigenti e i loro cerchi magici.
Siete gli unici soggetti in grado di riconnettere la politica con le persone e le comunità. Nella vostra quotidianità vi confrontate con la vita vera delle persone, con le loro difficoltà e le loro speranze. Lottate per restituire dignità a quanti arrancano nelle periferie delle nostre città.
Non lesinate più alla politica il giusto riconoscimento delle vostre azioni. Perché voi siete la politica. Non a caso definite i vostri interventi “cittadinanza attiva”. Siete società civile che ogni giorno si educa all’esercizio della democrazia. Siete voi i veri democratici.
Siete il “capitale sociale” che può essere speso non soltanto per strutturare e realizzare efficacemente le risposte ai singoli problemi, ma anche per definire le strategie grazie alle quali un Paese si sviluppa e progredisce. Solo chi si spende quotidianamente sulle frontiere della vita è in grado di fare la politica educata.