Il tema del disimpegno dei cattolici dalla politica ogni tanto riemerge e anima il dibattito pubblico, nazionale e locale. Di recente se n’è parlato durante il convegno “La politica educata” organizzato dalla parrocchia Madonna di Fatima e dal "Comitato Civico Futura" di Squinzano.
A tal proposito, non sembri superfluo ricordare che nell’ottobre dell’anno scorso si è svolta, nella città di Taranto, la 49ª Settimana Sociale dei cattolici italiani, durante la quale sono stati trattati vari temi, dall’ecologia all’economia, dall’ambiente all’occupazione, in una città-simbolo per la presenza dell’ex Ilva e per la difficoltà di tenere insieme e rispettare diritti fondamentali come quelli alla salute e al lavoro.
La Settimana Sociale, lungi dal rimanere un evento a sé stante, dovrebbe invece favorire lo sviluppo di un processo, di formazione e di partecipazione, che, come venne notato in quei giorni, ha nello “stile sinodale” la sua peculiare caratteristica.
Ma occorrerebbe soprattutto evidenziare la volontà e la determinazione degli organizzatori della Settimana Sociale, di rimettere i giovani al centro del dibattito. "La visione di un futuro diverso non può prescindere da loro. Mentre spesso il Paese fa scempio delle loro intelligenze".
I giovani devono puntare sull’alleanza: unire le loro forze a quelle delle loro diocesi, dei comuni, delle imprese, delle università, «facendo passare da lì l’educazione al bene comune».
«Il bene comune - come osservò Mattia Pastori, 26enne coordinatore del gruppo - non ha a che fare solo con la politica e l’economia, ma è un tema che chiama tutti i giovani ad agire oggi stesso, e dare il proprio contributo al cambiamento».
Il messaggio al centro del dibattito che animò la Settimana Sociale dovrebbe essere ripreso e rilanciato per arrivare anche ai giovani delle nostre parrocchie, perché, come ci ricorda mons. Ravasi: “Come cattolici non dobbiamo e non possiamo pretendere di essere maggioranza, di gestire la società come è avvenuto in passato. Possiamo e dobbiamo, tuttavia, essere una spina nel fianco, cioè una testimonianza viva. Come i cristiani delle origini, che si rifugiavano nelle catacombe ma non per questo rinunciavano a impegnarsi in pubblico. Noi oggi possiamo e dobbiamo provocare. Dire anche il contrario di ciò che è dominante. Sono convinto che la scelta del Cristo, e quindi la scelta della Chiesa, non sia adeguarsi al contesto, ma essere forza di provocazione, che grida innanzitutto le verità ultime - la vita e la morte, il bene e il male - ma anche le verità penultime: solidarietà, giustizia, etica sessuale, lotta al crimine...”.
È, dunque, il tempo che anche i giovani, in particolare quelli che si dichiarano d’ispirazione cattolica, escano dalle loro associazioni e assumano il rischio di un impegno politico e di una parola, per costruire il bene comune, così come esso è definito dalla dottrina sociale della Chiesa e come lo delinea il magistero di Papa Francesco.