La guerra in Ucraina non è finita, ma già ora il dopo appare incerto. I due eserciti, quello russo e quello ucraino, vanno pesantemente riorganizzati.
I due Paesi, prima del 24 febbraio, partivano da condizioni demografiche ed economiche svantaggiate, ora abbondantemente aggravate. La difesa dei territori di confine non sarà semplice perciò per nessuno. Alessandro Politi, direttore della Nato Defense College Foundation, spiega come il ritiro delle truppe russe dalla città di Kherson sia una mossa tattica di Putin e che ci vorrà tempo per avere un’evoluzione. Nel frattempo, a Bali, in occasione del G20, il prossimo 15 novembre, è atteso con grande attenzione l’incontro fra il presidente degli Stati Uniti e l’omologo cinese. “La Cina - commenta Politi - è il grande tema per gli americani: finché non c’è sicurezza intorno a Taiwan, lo spazio per dinamiche negative esiste”.
Direttore, la Federazione russa sposta le truppe da Kherson. La trattativa è all’orizzonte?
No. È un segnale a doppio senso. Il ritiro può essere letto come una chance per gli ucraini di andare avanti nella guerra oppure essere un passaggio concordato sottobanco per poi arrivare a una trattativa. I russi hanno detto chiaramente che vogliono trattare, ma su cosa è tutto da vedere. Il ritiro è innanzitutto tattico, messo in conto da Putin. I russi non vogliono subire un altro sfondamento stile Kharkov, preferiscono sgombrare la città e fortificarsi al di là del fiume sapendo che per ora non hanno mezzi per contrastare i razzi americani Himars. Nei giorni scorsi, i media riportavano che gli ucraini non stanno avanzando perché non si fidano. È un ritiro per consolidare il fronte. Se si consolida, la trattativa riprende fiato quando gli ucraini vedono che non ci sono progressi. Ci vuole tempo.
Nel frattempo gli Stati Uniti sembrano più presi dagli affari interni. Questo potrebbe avere un risvolto?
In questo periodo non ci possiamo aspettare grandi iniziative dagli americani che sono i principali fornitori di armi agli ucraini. Allo stesso tempo gli ucraini sanno che non possono contare su un sostegno indefinito, tanto più che i repubblicani non hanno molto interesse a sostenere il conflitto. Zelensky penserà fino alla fine che potrà vincere la guerra. Ma anche lui sa che, se gli americani tagliano i rifornimenti, la soluzione militare termina. Le trattative saranno, temo, lente, difficili e complicate. Non saranno semplici.
Ognuno dovrà dimostrare che ha vinto qualcosa?
Sì e le trattative saranno difficili per vari motivi. Il corridoio terrestre fra la Russia e l’Ucraina prevedo che sarà un osso duro e uno dei primi obiettivi per gli ucraini che vogliono avere, oltre a Odessa, altri porti. Questo significa che le conquiste russe oltre la Crimea sono fragili. La stessa Crimea rischia di diventare molto più fragile.
Putin avrà difficoltà a mantenere il controllo sulle regioni annesse.
Il controllo lo può mantenere, se c’è un accordo legato alla buona volontà ucraina. Dopo anni, il problema si riproporrebbe, se la riorganizzazione dell’esercito ucraino andasse avanti. Allo stesso modo, fra otto o dieci anni, il problema russo si riaffaccerebbe se la Federazione spendesse i soldi per risistemare il suo esercito. L’invasione dei baltici e della Polonia è infatti irrealistica, nonostante le paure di alcuni, visti i pesanti colpi subiti in Ucraina. I russi hanno perso la campagna strategica, quello che possono fare è mostrare una vittoria a ribasso. Il loro esercito è da rivedere a fondo e il loro Pil è basso. Sia Russia sia Ucraina avevano due economie povere e un disastro demografico già prima di questa guerra.
La pace non è scontata, ma occorre pensare anche a un dopo. Per esempio, l’entrata dell’Ucraina in Unione europea e il rapporto con la Nato.
L’entrata in Unione europea sarà negoziata con molta durezza con i russi. L’Europa non può vivere sapendo che le frontiere vengono contestate a colpi di cannone. Il capitolo Nato è a parte. Gli americani hanno già il problema di Taiwan, non ne vorranno un’altra.
Lì il rischio degenerazione bellica è sempre vicino?
Va visto con attenzione l’incontro in programma fra Biden e Xi a Bali in occasione del G20. Entrambi si stanno preparando attivamente. Speriamo sia positivo. La Cina è il grande tema per gli americani: finché non c’è sicurezza intorno a Taiwan, lo spazio per dinamiche negative esiste. Meglio quindi togliere i barili di polvere da sparo da vicino al fuoco.