Al tavolo del poker nemmeno il più incallito giocatore è realmente lucido: è influenzato dall’avversario così quanto dalle proprie emozioni. E pure chi assiste alla partita non può prevedere con esattezza l’esito o la prossima mossa.
Allo stesso modo, chi combatte la guerra in Ucraina o la osserva da fuori attende il colpo grosso, ma non sa sempre con precisione cosa accadrà. Nel frattempo, l’azzardo si impadronisce dei giocatori, così come l’odio. C’è chi, sull’eventuale pace del conflitto ucraino, evoca il ricordo della conferenza di Monaco, l’incontro che nel 1938 fu preludio della seconda guerra mondiale, e chi, come Papa Francesco chiede di riconoscere uguale dignità umana. Alessandro Politi, direttore della Nato Defense college foundation, delinea ipotetici percorsi di pace provvisoria per due avversari messi a dura prova dalla guerra.
Direttore, sulla guerra in Ucraina l’unico a parlare di pace è sempre e solo Papa Francesco?
Il Papa, al contrario di chi segue la dottrina dello ‘Stato canaglia’, tratta con uguale dignità umana gli ucraini e i russi. Questo non gli impedisce di condannare Putin o il patriarca Kirill. Francesco è lo stesso che con la “Laudato si’” ha dato un quadro strategico al futuro del mondo, tenendo fortemente presente il dato ecologico, è l’unico che ha fatto un documento politico serio sul futuro del Pianeta. È un capo di Stato che ha la responsabilità morale su una popolazione di un miliardo e 400mila persone.
Siamo lontani dalla fine del conflitto?
In ogni guerra c’è sempre un momento culminante che si pensa cambi tutto. Il problema è che riconoscerlo non è sempre semplice. Nemmeno i protagonisti lo capiscono o gli altri contendenti che partecipano all’attività politica o logistica. Gli ucraini vogliono la vittoria per motivi comprensibili, innanzitutto perché sono stati invasi e vogliono recuperare i territori occupati. A questa motivazione razionale si somma l’odio apertamente dichiarato da alcuni dirigenti ucraini. L’odio però non rende lucidi, distorce la capacità di calcolo. C’è poi l’odio di chi non combatte, ma ricorda il lungo periodo di dominazione sovietica.
Una spirale ingannevole.
La guerra tende all’assoluto, scriveva von Clausewitz, ed in essa c’è un culmine in cui si capisce che la guerra è a una svolta. Gli ucraini sperano in una disfatta colossale dei russi che li costringa a venire con il capo coperto di cenere. Tuttavia, le vite ucraine non sono infinite, così come quelle dei russi. Queste sono le realtà a cui però non pensi quando sei seduto al tavolo della roulette della guerra.
Entrambi giocano d’azzardo?
La guerra la fa chi si difende, osservava ancora von Clausewitz. Putin avrebbe voluto e potuto conquistare l’Ucraina senza colpo ferire, se gli ucraini fossero stati inerti; invece hanno resistito anche nelle zone russofone. Zelensky adesso sta cercando il grande slam. Sarebbe opportuno piuttosto fermare la guerra, recuperare tratti di territorio vitale per l’Ucraina in contropartita ad alcune richieste russe, tutte da definire concretamente e negoziare lucidamente. La pace non è impossibile e non sarà una nuova Conferenza di Monaco. Ricordo che noi italiani abbiamo impiegato cento anni per riunificarci, recuperando tutto il territorio sotto dominazione straniera.
Quale pace è possibile allora?
È pericoloso illuderci che l’Ucraina riesca a riconquistare tutto, subito. Il Paese attualmente è in un disastro demografico. Stiamo rischiando di arrivare ad uno stallo, in cui chiedere a Putin la fascia costiera, dal Donbass alla Crimea, vitale per gli ucraini. Dopo è ragionevole prevedere un decennio di ricostruzione del Paese, della logistica e delle forze armate ucraine, se si vuole pesare sul futuro degli equilibri regionali. D’altro canto, se la guerra non si ferma, per i russi è impossibile eleminare politicamente Putin, come da consolidata tradizione del Paese.
Abbiamo visto come parte della popolazione non sia appiattita completamente alla posizione di Putin.
Pensare che i russi siano tutti con Putin serve a demonizzare l’avversario, roba vecchia come la guerra. Sul piano della propaganda l’idea funziona perché così la gente è motivata a partire al fronte o a supportare sui social, ma è un’operazione che fa calare i veli dell’odio, non a ragionare freddamente sulle necessità politiche. Se alcuni governi, accecati dall’odio, non avessero sospeso unilateralmente i visti turistici per i russi con esili motivazioni, avremmo avuto molte più persone in fuga dalla Federazione russa. Quando si dice che l’Ucraina è la prima linea di difesa della libertà europea, si fa un potente accostamento emotivo, ma purtroppo sganciato dalla realtà: la prima linea di difesa della comunità euroatlantica è la Nato con l’articolo 5 del suo trattato.
È sbagliato pensare che sia stato attaccato un avamposto dell’Europa?
Se così fosse, non si capirebbe perché i finnici e gli svedesi vogliano ancora entrare nella Nato: c’è già un avamposto che li difende. Questo tragico anno non porterà ad una nuova Monaco ma, allora come ora, serve tempo per riarmare con armi di costruzione assai più complessa e lenta di prima. Abbiamo dato armi e munizioni senza precedenti, però, come dimostrano nei fatti i nostri amici a Washington, c’è un limite da considerare: resta sempre da garantire un’adeguata deterrenza convenzionale e nucleare per trenta Paesi membri, precisamente per evitare un domani altri colpi di testa di Putin; cosa che i baltici temono moltissimo.
Molti parlano di terza guerra mondiale dietro l’angolo.
Potrebbe scoppiare sì, ma nel Pacifico. È una fortuna che Biden e Xi Jinping si siano incontrati a Bali: abbiamo guadagnato due anni di tempo per la prevenzione in quell’area. Ma non possiamo lasciar continuare questa guerra in Ucraina che potrebbe creare delle dinamiche che sfuggono a tutti. L’idea che i cinesi vogliano invadere Taiwan nel 2027 è un’ipotesi. Di concreto però c’è che la Cina sta invecchiando e che non farà il sorpasso sugli Stati Uniti. Certo la Cina ha una rivendicazione fortissima sull’unità nazionale, ma si rende conto che forse è meglio riunificare in un altro modo. È un forse perché Xi Jinping non è eterno e non sappiamo come sarà il suo successore.
Il vicepresidente del consiglio di sicurezza russo Dimitri Medvedev ha dato dello “sciocco raro” al ministro della Difesa italiano Guido Crosetto.
Preferisco guardare ai silenzi di Putin che alle uscite irrilevanti di Medvedev.
Il fatto che non parli è una strategia?
È un segno chiaro che ha seri problemi da risolvere. A Putin interessa un dialogo con gli Usa e la Nato, poi bisogna vedere con quali intenzioni e a quali condizioni; è il momento di fargli scoprire le carte.