Il digitale può stimolare emozioni, ma non può costruire sentimenti. I sentimenti sono sostegni vitali continui, le emozioni invece rispondono a uno stimolo e si esauriscono quando lo stimolo cessa.
Con internet l’uomo entra all’interno di una dimensione robotica, ma il nostro cervello è diverso da quello digitale proprio per la sua sfera affettiva e per la sua creatività, è diverso da un cervello digitale.
Se queste caratteristiche non servono in una società virtuale e anaffettiva come la nostra, nella società reale sono sentimenti necessari se vogliamo che la relazione con l'altro rimanga sempre e non muoia.
Internet ha cambiato il nostro modo di comunicare. Oggi, infatti, lo spazio relazionale non è più descritto dalla fisica o dalla geometria, cioè uno spazio con limiti e confini ben definiti, ma un perimetro virtuale dove il concetto di spazio non scompare, ma si ri-crea, si ri-struttura, per diventare un non-luogo, uno spazio dove la gente si nutre di connessioni senza mai incontrarsi.
Siamo talmente bombardati, da una serie di informazioni e di stimoli, che non sappiamo più da che parte andare.
Viviamo in una società liquida dominata da una informazione digitalizzata che è riuscita a violentare la nostra memoria e a derealizzare i nostri ricordi. Sappiamo tutti, infatti, che una società senza ricordi è una società senza futuro che nulla ha da raccontare alle generazioni che verranno.
L’unica cosa che oggi sappiamo fare è salvare una quantità di dati nei cloud o in cartelle dove basta un semplice click e tutto sparisce.
Ormai da tempo la nuova generazione ha acquisito l’appellativo di “generazione figlia delle tecnologie e soprattutto dei social Network”, il quale è divenuto un tema classico dello studio e della ricerca sia a carattere sociologico, psicologico e pedagogico.
Pertanto, come bisogna sempre considerare anche i vantaggi che la tecnologia reca in sé, è bene evidenziare gli effetti negativi che questa perenne connessione comporta, soprattutto sulle generazioni, sempre più dipendenti dal mondo social e dal web, il quale spesso conduce ad un distacco dalla vita reale, focalizzandosi su un mondo illusorio ed irreale.
Per poter combattere in maniera efficace ed evitare le ricadute dovute all’utilizzo negativo, si dovrebbe partire dalla presa di coscienza dei rischi possibili; la relazione con i dispositivi mobili è intensa e coinvolge tutte le sfere della socializzazione.
Una quota rilevante di adolescenti è convinta che senza il web non riuscirebbe a fare nuove amicizie, perderebbe aspetti ritenuti più interessanti della vita normale e si sentirebbe isolata dal proprio gruppo dei pari. Passare molto tempo su internet sembra aumentare anche i rischi di isolamento sociale, dipendenza e altre forme di disagio e di devianza. Sette adolescenti su dieci dichiarano di non riuscire a staccarsi da Internet e quasi cinque adolescenti su dieci non parlano e non si confrontano con i genitori sui contenuti da visualizzare o condividere in rete.
Da queste premesse appare evidente come per gli adolescenti la rete sia parte integrante del proprio contesto esperienziale e contribuisca in modo rilevante al processo di costruzione dell’identità; in questo senso la tecnologia può diventare al contempo architetto e palcoscenico.
Una ricerca empirica su questi temi così delicati e urgenti, nata con la finalità di capire il rapporto che hanno gli adolescenti con i social network, ha consentito di indagare su vari aspetti della comunicazione in Internet.
In considerazione del periodo nel quale si è effettuata e la metodica di somministrazione – online – si è avuto un campione quantitativamente valido - 728 adolescenti della provincia di Lecce - da poter elaborare i risultati.
La prima parte dell’indagine ha concentrato il proprio focus sull’utilizzo dei social network. Con grande sorpresa, è emerso che una percentuale abbastanza elevata (pari al 46,6%) dei soggetti intervistati ha dichiarato di conoscere di persona quasi tutti i contatti social, il che desta grande stupore, in considerazione della crescente tendenza diffusa tra gli adolescenti di ampliare la propria cerchia di followers, al solo fine di mostrare una realtà virtuale non corrispondente al vero. Inoltre, dai risultati si comprende che l’utilizzo dei social da parte degli adolescenti è essenzialmente volto a seguire le tendenze condivise dai c.d. influencer, e di conseguenza, alla condivisione di foto/video, onde “postare” sulla community momenti della propria giornata. Dunque, assistiamo ad un netto consolidamento del fenomeno del social sharing, il quale risponde ad una serie di bisogni dell’individuo, che si manifestano principalmente in età adolescenziale.
Potremmo spiegare il tutto mediante la Piramide dei bisogni di Maslow, elaborata dallo psicologo Abraham Maslow nel 1954 per descrivere i bisogni delle persone, ed utilizzata tutt’ora per comprendere la psicologia del consumatore nel marketing. Il modello elaborato prevede che alla base della piramide ci siano i bisogni fondamentali alla nostra sopravvivenza: quelli fisiologici e di sicurezza. Tuttavia, una volta soddisfatti andiamo alla ricerca di bisogni più complessi, come quelli sociali e relazionali che, al contrario dei primi, non si soddisfano mai. Stiamo, quindi, parlando dei bisogni di appartenenza, stima e autorealizzazione comuni a tutti gli esseri umani. Tra questi, il bisogno di appartenenza spinge gli utenti a condividere per provare una sorta di accettazione sociale da parte di un gruppo o un individuo; il bisogno di stima si manifesta con la propensione a pubblicare contenuti strettamente personali e incentranti sulla nostra persona; ed infine il bisogno di autorealizzazione che si sostanzia nel piacere di condividere sui social i propri successi.
*Sociologo, criminologo