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Le speranze ci sono e riguardano in particolare la lotta al melanoma. La notizia che i vaccini a mRNA contro i tumori possano essere disponibili già nel 2030 ha regalato una scossa di entusiasmo.

 

 

 

A indicare il traguardo è stato Paul Burton, lo chief medical officer della casa farmaceutica Moderna, la stessa che ha prodotto il vaccino anti Covid basandosi sulla tecnologia a mRNA, che in un’intervista al Guardian ha parlato della possibilità entro cinque anni di offrire dei trattamenti per “tutti i tipi di aree patologiche”. Per ora, Moderna svilupperà un vaccino a mRNA, terapeutico e personalizzato, contro il melanoma e per il quale l’Agenzia del farmaco europea (Ema) ha da poco concesso una procedura prioritaria. “Non è un caso che abbiano scelto il melanoma per ora perché è il tumore contro cui l’immunoterapia ha dato gli effetti maggiori”, suggerisce Ruggero De Maria, direttore dell’Istituto di patologia generale dell’Università Cattolica di Roma, vice direttore scientifico del Policlinico Gemelli e presidente di Alleanza contro il cancro, ossia la rete degli Istituti di ricerca a carattere scientifico oncologici. E specifica: “Quello che vedremo nei prossimi anni è un aumento significativo dell’efficacia delle immunoterapie, grazie alla combinazione dei vaccini con gli anticorpi terapeutici”.

Professore, gli studi sui vaccini contro i tumori sono una novità?
Non del tutto. I vaccini contro i tumori sono studiati da moltissimi anni, ma quelli a mRNA sono nuovi e hanno il vantaggio di essere più agevoli, versatili, cioè si possono manipolare e preparare più rapidamente e in maniera complessa. Anche il vaccino contro il Covid, sviluppato dalla BioNTech e distribuito dalla Pfizer, era basato su una tecnologia che era stata studiata per preparare dei vaccini contro il melanoma. In questo caso, invece di inserire l’mRNA degli antigeni tumorali, i ricercatori avevano messo l’mRNA della proteina spike del coronavirus.

 

 

Già a dicembre Moderna aveva presentato i primi risultati per il vaccino anti melanoma.
Moderna ha fatto un trial arrivato alla fase II in cui dimostra che i pazienti con melanoma metastatico operabile, una volta aggiunto il vaccino all’anticorpo che stimola i linfociti killer, registrano una riduzione del 44% del rischio di nuove metastasi.Sulla base dei risultati presentati, l’Agenzia del farmaco europea (Ema) ha permesso una sorta di procedura prioritaria che prevede anche l’affiancamento all’azienda per lo sviluppo regolatorio al fine di permettere che i benefici per i pazienti arrivino il più rapidamente possibile. Moderna e BioNTech, che stanno affinando la tecnologia e accorciato i tempi di preparazione, stanno programmando altri trial per curare altri tipi di tumore. Quello che vedremo nei prossimi anni è un aumento significativo dell’efficacia delle immunoterapie grazie alla combinazione dei vaccini con gli anticorpi terapeutici.

 

Entro il 2030 dovrebbero essere pronti dei vaccini contro altri tipi di tumore. Quali?
Non sono ancora noti ma possiamo dedurli. Potrebbe essere il tumore al polmone o alla mammella per i quali va ricordato che l’immunoterapia offre un effetto positivo ma spesso è temporaneo e non è allargato a tutti i pazienti. L’obiettivo sarà aumentare l’efficacia delle terapie per cui c’è già attività, ma ci sono anche grandi margini di miglioramento.Non è un caso che abbiano scelto in prima istanza il melanoma perché è il tumore contro cui la immunoterapia ha dato gli effetti maggiori.

Il 2030 è un traguardo fattibile?
Sì. Ma dobbiamo ricordare che non ci sarà per quella data una terapia per tutti i tumori. Ci sono dei percorsi da rispettare. L’aspetto regolatorio è molto importante e bisogna fare in modo che le terapie siano sicure ed efficaci per i pazienti. Per ora in base ai dati presentati non c’è molta differenza fra gli effetti collaterali fra l’anticorpo da solo e l’anticorpo abbinato al vaccino.

 

Secondo lei saranno cure accessibili a tutti?
Saranno cure costose, ma lo sono già le cure antitumorali applicate adesso. Le terapie sui pazienti con il melanoma inseriti in questo primo studio puntano a ridurre le recidive e hanno quindi come obiettivo quello di ottenere la guarigione. In questo caso si potrebbe addirittura abbattere i costi delle terapie immunologiche antitumorali che durano diversi anni.

 

Si parla anche di un vaccino anti infarto, cosa si sa al riguardo?
Sono stati fatti due trial, uno da Moderna e da Astrazeneca, usando un fattore di crescita delle cellule endoteliali per aumentare la vascolarizzazione. Si parlava di risultati promettenti ma credo che Astrazeneca abbia abbandonato il programma. C’è poi un trial con un mRNA che produce relaxina, una proteina vasodilatatrice che aumenta l’afflusso di sangue. Credo però siano studi che debbano provare l’efficacia. Un’altra possibilità è quella di modificare la risposta immunitaria per curare le malattie cardiovascolari ma ancora non ci sono evidenze cliniche sui vaccini.

 

La prevenzione non andrà comunque in vacanza?
Quella mai. I vaccini allo studio sono terapeutici e non preventivi. Credo che valga sempre il detto: la prevenzione è la migliore cura!

 

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