“È difficile dirlo nell’immediato ma potrebbe cambiare qualcosa”. Chi parla preferisce restare anonimo ma è convinto che gli attacchi sulla città di Mosca, potrebbero aprire scenari nuovi.
È stato il ministero della Difesa russo a confermare che sono stati lanciati otto droni contro la regione di Mosca. Cinque sono stati distrutti dai sistemi di difesa Pantsir, mentre gli altri sono finiti in due quartieri nel sud-ovest della città di Mosca ed hanno colpito tre case. Le notizie non sono certe: sembra che solo due persone si siano rivolte al pronto soccorso e che nessuno abbia riportato danni seri. “Il fatto che in due quartieri residenziali di Mosca siano arrivati i droni, è un dato nuovo”.
Come purtroppo succede in questi casi, gli eventi sprofondano nell’indefinito e l’opinione pubblica locale fatica a capire cosa è successo esattamente e se gli attacchi siano stati realmente “terroristici” o se invece siano “una messa in scena”. D’altronde, occorrono nuovi soldati al fronte e probabilmente sarà indetta una nuova mobilitazione e il modo più semplice per far inghiottire questa pillola amara alla popolazione è quello di inscenare attacchi terroristi o sbandierare il pericolo di un contrattacco ucraino. Un recentissimo studio sociologico ha evidenziato che di tutti i sentimenti che in questo ultimo anno i sondaggi hanno registrato nell’opinione pubblica russa, quello che manca di più è la vergogna o il senso di colpa per quanto sta avvenendo in Ucraina mentre aumenta il senso di patriottismo. “Se ci fosse una guerra tra Francia e Germania, penso che ogni italiano ogni mattina si porrebbe delle domande assolutamente serie e si sentirebbe coinvolto”, osserva la fonte. “Qui in Russia c’è un grado del tutto diversa di coscienza o di incoscienza sociale e politica. Fino ad oggi, la guerra è stata vissuta come qualcosa di molto lontano che ha a che fare con il governo ma che non tocca il quotidiano”. “C’è poi una mentalità di passività nei confronti di quello che accade nel mondo. Si subisce e si sopporta molto di più. Serpeggia tra la gente anche l’idea, ‘io non ci posso fare niente’ o ‘non dipende da me’. E poi c’è un sistema mediatico completamente silente. Non dimentichiamo a questo riguardo che la parola guerra non si può usare. Ancora non si può qualificare come “guerra” quello che sta accadendo in Ucraina”.
Fino ad oggi, non è successo ancora niente di così eclatante in Russia. Anche i droni dell’altra notte sono stati avvistati e abbattuti. “Non ci sono state immagini drammatiche di distruzioni, incendi o vittime. È chiaro che psicologicamente non c’è ancora una ragione forte tale da spingere la popolazione a reagire”. Anche la mobilitazione dei soldati da inviare al fronte è stata fatta in maniera molto furbesca, evitando volutamente di reperire forze da Mosca e dalle grandi città e andando a prenderle nelle regioni più periferiche della Federazione.
Ma che fine hanno fatto i giovani che erano scesi in piazza per manifestare il loro dissenso anti-putiniano? “I giovani ci sono sempre come c’è sempre il loro scontento, solo che scendere in piazza, implica un grande pericolo”, risponde la fonte. “L’ultima volta, la manifestazione fu repressa in maniera brutale dalle forze dell’ordine e questo ricordo è ancora vivo nella memoria”. C’è dunque moltissima paura e aspettarsi che la gente in massa esca per le strade, ancora non è nell’immediato. Dipende per da cosa prevale. “Se prevale lo scontento sulla paura, o anche se prevale la paura di un attacco esterno sul territorio russo, allora la gente potrebbe cominciare a reagire. Per questo Mosca e le grandi città sono state tirate fuori dalla grande mobilitazione, per il timore che aumentasse la soglia dello scontento”. “Ma più gli avvenimenti vanno avanti e più è difficile tenere fuori dalle proteste i giovani”.
È di questi giorni l’annuncio di una “missione di pace” per conto di papa Francesco del cardinale Matteo Zuppi a Kiev e a Mosca. “Vista con l’occhio dell’uomo della strada - ci dice la fonte - non bisogna aspettarsi troppo. Questa missione va letta in un contesto generale di grande nazionalismo. Non c’è un’attesa particolare rispetto a quanto possa avvenire. I cinesi sono stati certamente seguiti con maggiore attenzione. C’è da dire che se fossimo all’inizio di un nuovo scenario e se questo scenario fosse un’estensione degli attacchi sulle grandi città della Federazione russa come Mosca, la gente allora comincerebbe a chiedersi anche cosa sta facendo la chiesa in questo contesto. Mi vengono allora in mente gli ultimissimi provvedimenti presi dal Patriarca e dal tribunale ecclesiastico della diocesi di Mosca che hanno deciso di sospendere ad divinis e addirittura ridurre allo stato laicale un sacerdote solo per aver pregato per la pace. La gente comincerà a chiedere cosa farà la Chiesa. Se continuerà a tenere ancora la linea dura di totale sostegno al governo oppure se si può pensare ad un cambiamento di rotta”.