I numeri dei detenuti in Italia continuano lentamente, ma inesorabilmente, a crescere. Di fronte alla capienza di 51 mila persone, le carceri italiane ospitano all’incirca 56 mila persone.
Il tasso di affollamento è pari al 110%, soprattutto in Puglia, Lombardia e Liguria. Resta, quindi, molto alto l’allarme per le condizioni psicofisiche di coloro che vivono nei centri di detenzione. Suicidi, autolesionismo, violenze fisiche e verbali, aggressioni, umiliazioni degradanti e torture rappresentano i traumatici eventi di cui i detenuti posso essere protagonisti. “Il primo punto è fare in modo che il carcere diventi il luogo dove rieducare coloro che hanno commesso reati di una certa entità, mentre laddove è solo un problema di tipo sociale, si intervenga con altre forme”, dichiara il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, Mauro Palma, circa le possibili soluzioni per questo dramma.
La capienza delle carceri italiane è cresciuta dello 0,8%, mentre le presenze sono aumentate dello 3,8%. Lo dichiara il 19.mo Rapporto sulle condizioni di detenzione dell’anno 2023, presentato dalla onlus Antigone, in lotta ogni giorno per i diritti dei detenuti. Di fronte all’assenza di una riflessione sulla tipologia delle presenze in carcere, Palma suggerisce di ripensare ad altre strutture penitenziarie sia di tipo contenitivo, sia di supporto sociale per coloro che hanno commesso reati molto lievi e che di conseguenza hanno avuto sentenze molto brevi. L’alta presenza di stranieri, di senza tetto, di donne - pari a circa il 40% dei detenuti - permette di comprendere quanto forte sia in carcere la presenza della povertà sociale. Come anche Papa Francesco ricordava durante la video preghiera per il mese di giugno, dedicata alle vittime di tortura e vessazione, coloro che subiscono questa pratica non vanno mai privati della loro umanità, mentre “è imprescindibile mettere la dignità della persona al di sopra di tutto”. Il garante Palma concorda con tale affermazione e sui detenuti aggiunge che “se le persone in qualche modo percepiscono che ciò che le norme stabiliscono, cioè l’educazione e il rispetto della loro dignità umana, sia pura teoria, ciò impedisce loro di avviare un percorso di revisione
Molte sono state negli anni le discussioni circa le condizioni di vita dei detenuti. Denunciare il degrado non deve far dimenticare che il carcere deve sempre rappresentare una speranza. “Quello che io invece trovo intollerabile - sottolinea ancora Palma - è il fatto che mentre si sconta una pena, il tempo venga trascorso come tempo vuoto, senza possibilità di fare qualcosa di significativo. Se la vita di una persona ha un giusto valore anche la durata della permanenza in carcere deve avere uno scopo. Se è ridato significato al tempo, anche lo stare in condizioni logistiche più brutte diventa meno pesante.”
Il 2022 è stato l’anno che ha registrato il più alto tasso di suicidi negli istituti penitenziari. Nei primi mesi del 2023 sono già 27 i casi di coloro che hanno scelto di togliersi la vita e il 60% di essi ha compiuto questo gesto nei primi sei mesi di detenzione. La onlus Antigone sottolinea che molti decessi siano avvenuti nelle case circondariali, istituti in cui sono detenuti principalmente gli imputati o gli indagati in attesa di giudizio e i condannati, in via definitiva, a pene non superiori ai cinque anni. Secondo Palma le case circondariali rappresentano “il punto di arrivo di ciò che non si è risolto nel territorio dove è richiesto un intervento sociale massiccio". Conclude il garante: "Il carcere è una presenza che parla di altre assenze e quindi dobbiamo ragionare su queste ultime, se vogliamo arrivare nel medio periodo a cambiare la fisionomia del carcere stesso”.
*Vatican news