Dopo due anni di serie B, il Lecce tocca nuovamente con mano la massima serie. Organizzazione, spirito di gruppo e superiorità tecnica le principali caratteristiche che hanno riportato i giallorossi nel “monte Olimpo della A”. Al futuro si penserà, ma ora godiamoci il momento.
In tutte le gioie della - quando diventa realtà un desiderio bramato con forza - va custodito nel cassetto dei ricordi anche quel preciso istante, quasi magico, che ne precede la realizzazione. Per intenderci, “l'attimo prima”. Fiato sospeso, batticuore, respiro sempre più affannoso. È la manciata di secondi prima di un bacio, di una confidenza importante o magari del traguardo professionale ambito da anni che finalmente giunge dopo tanti sacrifici.
TORNIAMO IN PARADISO
Chi ama legare calcio e romanticismo, invece, pensa al rigore finale della sua squadra del cuore o, volendo contestualizzare, all'ultima giocata del match definitivo. Tutto poi viene da sé: lo stadio “Via del Mare” in festa, l'abbraccio tra tifosi e calciatori, una città pronta a tornare nel paradiso della serie A; quel paradiso di cui ora il Lecce possiede le chiavi e che fa tramutare “l'attimo prima” dei tifosi nel tripudio giallorosso atteso da due anni. Già prima della partita decisiva contro il Pordenone, il capoluogo salentino percepiva l'odore dell'impresa. Un campionato tecnicamente dominato dai giallorossi, la cui rosa è stata costruita - ed amalgamata con cura da mister Marco Baroni - per gareggiare sia contro rivali dirette (Monza, Benevento e Brescia, per citarne alcune), sia affrontando vere e proprie rivelazioni (Cremonese e Pisa su tutte). Occorre dare al tecnico grande riconoscimento per il suo operato, svolto con umiltà, sapienza, dettaglio e cultura del lavoro.
LO SPIRITO DI GRUPPO
È curioso. Contro i friulani ha segnato l'ormai veterano Majer, guarda caso tra i protagonisti anche in occasione della penultima promozione avvenuta nella stagione 2018-2019, segno inequivocabile di quanto lo spogliatoio faccia sempre la differenza. Due traguardi sopraggiunti in tempi e modi diversi, ma col denominatore comune del senso di squadra, unito ad una ossatura solida e degli obiettivi predefiniti, focalizzati sin dall'inizio del torneo cadetto. Un segno di continuità tipico del Lecce, i cui valori fondanti mettono al centro, da sempre, lo spirito di gruppo.
Un anno intero passato a pianificare, organizzare, soffrire, ma soprattutto sognare. Perché sognare è il motore della vita, nonché la base delle ambiziose prospettive di una società - capitanata dal presidente Saverio Sticchi Damiani - che sta compiendo un capolavoro amministrativo straordinario, capace di proiettare nuovamente il Lecce nell'Olimpo dei campionati italiani di calcio. La sensazione che capitan Lucioni e compagni potessero farcela si era percepita sin dall'inizio; l'organico messo in piedi dai dirigenti dell'area tecnica ha messo paura a mezza serie B quest'anno. E pazienza per alcuni passi falsi; sono serviti a crescere, a capire che in fondo gli dei appartengono alla mitologia e non al rettangolo verde.
LA ROSA PIÙ FORTE
Già nel match vinto contro la Ternana di mister Lucarelli, uno degli ex più amati dalla piazza salentina, tutti i nodi stavano iniziando a venire al pettine. Sofferenza in mezzo al campo, ma compattezza tra i reparti. Nel momento della sofferenza i giallorossi sono sempre riusciti a tirar fuori il carattere, mostrando di che pasta fossero fatti. Poi l'1-0 rifilato alla Spal, qualche punto perso per strada (fisiologico, del resto) ma con il timone sempre dritto, puntato alla coppa alzata venerdì scorso davanti agli occhi dei suppoters salentini. Un collettivo così, unito e coeso, che per oltre quarantacinque minuti è pure riuscito a spaventare la Roma, in Coppa Italia, stavolta non poteva non essere destinato a raggiungere la massima serie. E poi parliamoci chiaro: alla prima occasione, se hai un tridente che miscela pezzi da novanta come Coda, Di Mariano e Strefezza, il gol arriva facile. Una sentenza, una garanzia. Per non parlare del reparto difensivo, diretto dalla regia di Lucioni, nonché la raffinatezza tecnica del centrocampo (Hjulmand sugli scudi, così come tanti altri suoi compagni di reparto). Ce ne sarebbero altre di partite da elencare (la vittoria di misura a Monza, oppure il “sigillo della A” apposto battendo i toscani del Pisa) ma ogni tanto è anche bene sorvolare sui numeri, sulle statistiche, e lasciar parlare il cuore.
GODIAMOCI IL MOMENTO
Ci si chiede: “E ora che accadrà?”. Affrontare il prossimo anno Milan, Inter, Juve, Atalanta e via dicendo sarà tutto fuorché una passeggiata. Adesso però non è tempo di pensare al prossimo anno. La fase di programmazione, sacrosanta, ci sarà, ma lasciamo un po' riposare Pantaleo Corvino e Stefano Trinchera, per adesso. Se lo meritano qualche giorno di relax, così come tutti i protagonisti di questo “sogno” che, ora possiamo dirlo, diviene realtà da toccare con mano, da gridare nelle vie, nei crocicchi delle strade, dai balconi di casa: siamo in serie A.
Lecce è anche passione verso la squadra che ci ha cullati sin da bambini. È attaccamento viscerale ad una maglia che ogni cittadino sente cucita sulla propria pelle: gialla come il sole, rossa come il cuore. Il Lecce è un amore eterno che non conosce misure. Semplicemente, non si può spiegare. Ed ora godiamoci questa lettera “A”.