Prende un punto il Lecce in formato trasferta che, dopo l'iniziale vantaggio non è riuscito a portare a casa l'intera posta in palio. Il Lecce è apparso troppo rinunciatario, soprattutto nella seconda parte della ripresa e il pareggio marchigiano è meritato.
Dalla gara del Del Duca, è emersa la fragilità difensiva dei giallorossi, che, aggrediti in modo costante, non sono riusciti ad opporsi adeguatamente agli avversari. Eppure, il Lecce di Baroni era partito molto bene. Le scelte iniziali del mister sono state fondamentalmente due: Helgason e Tuia sostituivano infatti Majer e Meccariello, visti nella vittoriosa gara contro il Monza.
Il Lecce era aggressivo fin dalle prime battute e, dopo nemmeno 7 minuti il vantaggio di Strefezza su assist di Barreca sugellava un inizio attento e un approccio adeguato al match, che era mancato a Cittadella. Ciò costituiva un ulteriore elemento di crescita per i giallorossi.
Era bello vedere il Lecce del primo tempo, così attento anche nella fase difensiva a cui partecipavano persino le punte. Non solo Strefezza e Di Mariano, ma anche Coda organizzava il pressing a cui partecipavano a turno due centrocampisti. Ciò costringeva l'Ascoli a giocare sempre in apnea e consentiva ai giallorossi di riguadagnare subito il pallone.
Il Lecce sembrava in completo dominio del gioco e le occasioni fioccavano, ma, dopo il primo tiro ascolano che arrivava al 26 minuto, l'Ascoli cercava di giungere al pari aumentando la pressione e costringendo i giallorossi a difendere più bassi.
Nella ripresa Baroni inseriva subito Blin al posto di Helgason, che pur non disputando una buona gara, ha aiutato in fase di pressing.
In fase offensiva si potevano ammirare soprattutto le giocate di Strefezza, tanto utile nei recuperi del pallone, ma soprattutto nel proporsi fra le linee e, all'occorrenza, nel giocare da trequartista. Non da meno era Di Mariano che, a sinistra, faceva ammattire la difesa avversaria e non disdegnava di accentrarsi per le conclusioni. Come al solito, oltre al funzionamento degli esterni, era Coda ad accendere l'attacco giallorosso, sia giocando da sponda per i compagni, sia tirando in porta, non appena possibile. Il grande torto dall'attaccante campano era quello di divorarsi un gol fatto a pochi minuti dalla fine dell'incontro, che inevitabilmente influisce sul giudizio finale.
A centrocampo, Blin e Hjulmand recuperavano molti palloni, ma anche Gargiulo si faceva apprezzare sia nelle palle alte sia nella circolazione della palla. Purtroppo, però la bella gara dei salentini durava solo 60 minuti perché il tecnico ascolano aveva il merito di cambiare tutto e impostare un Ascoli ultra-offensivo. Dal punto di vista tattico, il Lecce,
con il passare dei minuti, si specchiava e aveva il torto di non chiudere il match e di lasciar crescere i marchigiani che, da palla inattiva, avevano l'occasione del pari, negato dalla traversa. A questo punto, sarebbe stato importante attingere dalla panchina, ma Baroni attendeva un po' troppo nel prendere le contromisure all'ingresso di Sabiri e Iliev. Il Lecce era alle corde e forse anche con il fiato corto. Il forcing ascolano si faceva pericoloso e i marchigiani avevano almeno due nitide palle gol.
Così sull'asse Dionisi-Iliev, alla terza occasione consecutiva, l'Ascoli giungeva al meritato pareggio.
Finalmente il tecnico salentino cambiava gli esterni e inseriva Olivieri e Rodriguez quando mancavano solo 10 minuti. La partita si faceva sempre più bella con attacchi da entrambe le parti, ma alla fine il risultato non cambiava.