L’arcivescovo Michele Seccia a conclusione del solenne triduo in onore del santo canonico di Lecce, San Filippo Smaldone, ha presieduto stamattina la solenne concelebrazione presso il santuario dedicato al fondatore delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori.

Durante l’omelia della messa trasmessa in DIRETTA da Easytv  ha sottolineato come l’ascolto della Parola di Dio abbia trasformato il santo prete donandogli un cuore capace di ascolto.

“San Filippo - ha detto Seccia - è stato guidato dallo Spirito Santo per dare vita ad un carisma particolare: l’attenzione amorevole su coloro che non sono in grado di esprimersi e di comunicare, esso ha portato il santo ad uno slancio di carità notevole rivolgendosi verso coloro che erano ai margini della società. Lo Spirito Santo sempre presente in mezzo a noi, ci ricorda infatti che è Dio a far crescere il carisma e che suscita nel cuore delle persone la gioia dell’apostolato”.

“Lo Spirito Santo - ha proseguito - è stato capace di inviare lontano la Congregazione religiosa delle suore di San Filippo Smaldone donando loro un grande respiro missionario. Ma lo Spirito senza la persona umana non può operare: infatti, possediamo capacità e desideri che noi non conosciamo di avere e le riscopriamo solo quando ci mettiamo in un ascolto profondo”.

“Con la consacrazione - ha concluso l’arcivescovo che per anni da giovane prete ha servito le suore dello Smaldone come docente nel grande istituto di Barletta -, voi Salesiane dei Sacri Cuori avete compreso che quello era il progetto di Dio. L’apostolato rimane la strada per la santità ed essa ci deve spingere ad una conversione radicale; chiediamo allora al nostro San Filippo Smaldone di aprirci ancora la strada dell’evangelizzazione”.

Ogni opera buona fa un cammino: così com’è stato per quella di questo santo; ma questo non deve distogliere dal ricordare della sfida più importante nella quale il bene supera sempre il male. L’Arcivescovo ha concluso con un invito ad aprirsi alla speranza proprio nei momenti di più disperazione nel riscoprire la propria identità di creature di Dio, ad immagine e somiglianza sue.