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Cultura, turismo, fruizione dei beni culturali, promozione di una terra vocata alla bellezza. E l’importanza della sinergia tra Istituzioni e Chiesa per fare comunità e non lasciare nessuno indietro.

 

 

 

È questo l’orizzonte dell’intervista alla presidente del Consiglio regionale della Puglia, Loredana Capone. Che prima dell’elezione, nel novembre scorso, sullo scranno più alto del parlamentino pugliese, nel precedente governo regionale è stata assessore all’industria turistica e culturale, alla gestione e valorizzazione dei beni culturali. Il progetto che riguarda Palazzo Scarciglia, promosso dalla Chiesa di Lecce, è l’occasione per fare il punto e volgere lo sguardo alle prospettive di sviluppo del Salento, terra di arte, tradizioni e cultura.

 

Presidente Capone, il progetto di valorizzazione e fruizione di Palazzo Scarciglia a Lecce è stato finanziato dalla Regione Puglia. Nell’immobile, di proprietà dell’arcidiocesi, nascerà un centro visite multimediale per la promozione turistica e territoriale. Cosa si aspetta da questa iniziativa?

Innanzitutto, sono felice di aver contribuito al rilancio e alla valorizzazione di questa meraviglia. Palazzo Scarciglia è uno di quei gioielli chiusi che siamo riusciti a recuperare e valorizzare grazie al bando per i Beni ecclesiastici. Uno degli strumenti più significativi della nostra strategia, per il quale mi sono spesa personalmente con la Commissione europea chiedendo la modifica del regolamento che, invece, escludeva il patrimonio ecclesiastico dai finanziamenti per il restauro e la valorizzazione degli immobili culturali. La nostra proposta è stata accettata e oggi moltissimi beni ecclesiastici pugliesi possono finalmente tornare a splendere. Ancora più bello sarà vedere questi contenitori aprirsi a cittadini e turisti e riempirsi di contenuti. Per Palazzo Scarciglia la diocesi, con cui mi complimento, ha fatto un progetto ben dettagliato che ha dimostrato di tenere insieme tutte le priorità della strategia regionale, coniugando l’aspetto culturale (sono previsti spazi per mostre, incontri pubblici, laboratori di digital storytelling per bambini, coworking, e una biblioteca multimediale) con quello altrettanto importante della socialità e della cura del benessere dei cittadini (saranno operativi un piccolo punto ristoro, una sala relax). Funziona così nel resto d’Europa e del mondo e solo così, d’altra parte, riusciremo a renderli davvero confortevoli e attrattivi.

Nell’ambito delle politiche e dei beni culturali quanto è strategica la collaborazione tra le istituzioni e la Chiesa locale per favorire la crescita delle comunità sia a livello economico che sociale?

La collaborazione tra Istituzioni e Chiesa locale è strategica, e non solo per le potenzialità che possono esprimere i patrimoni, sia laici che religiosi, ma per motivi culturali, sociali ed economici. La Chiesa, infatti, è un centro di aggregazione e di cura che spesso assolve a un ruolo di inclusione che diventa essenziale soprattutto nelle periferie delle città, nei piccoli borghi, nelle aree interne. Non dobbiamo dimenticare che fare comunità è essenziale per l’integrazione sociale. Purtroppo, negli anni non è cresciuta solo la povertà economica ma sono venute a mancare anche le occasioni di aggregazione e confronto sociale. E la Chiesa, con le sue organizzazioni collegate, come la Caritas, l’Azione cattolica, frequentemente ha rappresentato e rappresenta il luogo in cui ci si prende cura di chi rischia di rimanere ai margini. Anche sotto il profilo economico, a mio avviso, la collaborazione è fondamentale. Personalmente ho trovato grande attenzione e disponibilità da parte della Chiesa a rispondere ai bandi che abbiamo messo in campo quando ero assessore: non solo quello relativo ai Beni ecclesiastici ma anche “Radici e Ali”. Senza trascurare l’accordo che abbiamo firmato Regione Puglia e arcidiocesi di Lecce perché il Museo Castromediano entrasse a far parte del progetto “LecceEcclesiae - Alla scoperta del Barocco”. L’accordo, della durata di cinque anni, prevedeva da un lato la valorizzazione dei beni, dall’altro la promozione della conoscenza delle opere d’arte sacra, perlopiù ancora sconosciute, custodite nelle chiese e nei musei: dipinti, sculture ma anche paramenti sacri, argenti, organi. È il segno del proficuo rapporto di collaborazione costruito negli ultimi anni tra la Regione e la Chiesa, ciascuna per le proprie competenze, ma anche la dimostrazione che quando si marcia per il bene del territorio e della comunità ci si trova sempre in sintonia.

Come è cambiata la Puglia? E cosa è stato fatto finora, ma soprattutto cosa si può e si deve ancora fare affinché cultura e turismo diventino le infrastrutture dello sviluppo di questa terra vocata alla bellezza?

Beh, io penso che la Puglia sia cambiata davvero tanto e i risultati credo siano sotto gli occhi di tutti. Abbiamo cercato di dare due direttrici molto chiare: destagionalizzare e internazionalizzare perché avevano un turismo soprattutto locale e, quindi, poche chance di avere turisti tutto l’anno. Non accontentarci del turismo balneare ma fare godere ai turisti anche le nostre città d’arte significava per noi far vivere la nostra regione tutto l’anno, anche in ragione del clima. Per questo abbiamo dovuto fare un piano strategico e quindi studiare target di turisti, misure e risorse per poter incrementare la promozione all’estero soprattutto e attivare tutta una serie di percorsi per far sì che i nostri luoghi fossero aperti e vivibili 360 giorni l’anno. Ecco perché abbiamo promosso iniziative fuori dalla stagione estiva e le abbiamo finanziate, a Natale, a Carnevale, a Pasqua, nel periodo autunnale. I risultati sono arrivati, siamo cresciuti a due cifre a abbiamo incrementato anche lo sviluppo di esperienze da vivere nelle città d’arte. Lecce, per esempio, ha goduto moltissimo di questa opportunità e anche Bari. Prima durante l’estate erano pressoché vuote a svantaggio dell’enorme patrimonio culturale che, invece, offrono, oggi sono frequentatissime, forse anche di più delle località balneari. Abbiamo potuto ottenere questo risultato perché abbiamo lavorato in piena condivisione con gli operatori. E ancora una volta la diocesi di Lecce è stata all’avanguardia perché con il progetto della cooperativa Artwork è riuscita a catalizzare il consenso attorno ai beni culturali della Diocesi e a sfruttare al meglio le opportunità date dalle competenze di giovani bravi che si sono messi a disposizione del progetto. La pandemia ha frenato ovviamente l’accelerata e ha richiesto una conversione dal turismo internazionale al turismo domestico che, però, fortunatamente è intervenuta. Sono certa che l’assessore Bray continuerà questo importante lavoro anche perché gli operatori stanno dimostrando grande attenzione e voglia di investire. Bisognerà curare che tutto questo sia accompagnato da una semplificazione burocratica per evitare che poi chi ha voglia di investire vada via e scelga altri luoghi.

 

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