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Sono entrata per la prima volta nella sede della scuola di Pino Cordella al principio di un luglio, in un giorno di piena canicola.

 

 

 

Con molta curiosità ed altrettanta circospezione ho ammirato l’ingresso signorile ed ho sbirciato attraverso le diafane vetrine gli abiti di alta moda ammiccanti ed accattivanti, “fiero pasto” per i palati sopraffini affamati di eleganza e fantasia, ed i pregiati oggetti di antiquariato, che trasudano storia. Sì, la storia di tante generazioni di stilisti appassionati e geniali, che hanno saputo interpretare e captare l’esprit de finesse di un mondo in continua evoluzione con idee sempre nuove e scombiccherate correnti di pensiero.

Questa breve ricognizione mi ha irretito quasi “costringendomi” ad una silenziosa attesa, ma lasciandomi ben desta per conoscere i latori di cotanta tradizione.

Non ho incontrato mostri sacri, tutori di arcani misteri dell’arte sartoriale, né burbanzosi figuri, già immortalati dalle riviste satinate, pronti proterviamente a giudicare con sarcasmo ed alterigia i miei modesti straccetti a buon mercato, ma semplicemente l’affabile, laboriosa e accogliente famiglia di Pino.

Egli, con la semplicità disarmante del suo sguardo discreto, ma attento e profondo, mi ha restituito gioia, pace ed entusiasmo. Mi ha, di volta in volta, introdotto nel mondo ricercato e raffinato, esigente e imprevedibile della moda: delle paillettes, delle sfilate, della creatività, della versatilità dell’ingegno, che fa assurgere qualsiasi scampolo di stoffa ad un’opera d’arte, un capolavoro di divina bellezza. Ed alle spalle di siffatta rutilante evidenza, soprattutto, mi ha fatto assaporare il valore sovrano della voluntas e della pervicacia nel perseguire un obiettivo accarezzato e sapientemente conseguito, con sacrificio ed umiltà, della tenacia e della forza, del coraggio e della temerarietà (audentes fortuna adiuvat”), della generosità e della magnanimità, scevra da interessi di arrivismo economico o sociale.

Su tutte le virtù, infatti, campeggia il senso di appartenenza e di attaccamento alla propria mater tellus ed il tracotante ardore e desiderio di arricchirla dei tesori più esclusivi dell’arte sartoriale, reclusi ed avviticchiati al Nord, per innestarli nella realtà assopita, ma non meno ricettiva del nostro meridione, tra i nostri giovani talenti.

Non dimenticherò mai il tavolo dei nostri colloqui, sempre interessanti e suggellati da tanta testimonianza di stima, rispetto ed amicizia fraterni, confortati dall’immancabile e “dissetante” sollecitudine offerta dalla gentile, meravigliosa Anna Rita.  

 

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