Metti una sera di agosto sotto le stelle, a chiacchierare con gli amici. Metti una passeggiata in notturna tra comitive con provenienze ed esperienze che si incrociano.
Metti una storia ad alta tensione e d’altri tempi… e metti un telefonino che per un paio d’ore serve solo ad illuminare il percorso: vedrai una lunga scia social-e, quella vera, tra lucine, ciance e cultura che si snoda per le campagne di un territorio che non scorda il suo passato.
Questo è accaduto martedì scorso in agro di Torchiarolo, di sera e vorremmo farvene gustare gli effetti a medio/lungo termine, i sapori spensierati e leggeri, a zero effetti collaterali.
Perché al buio non si vede la xylella, ma si sente ancora il profumo degli ulivi. Al buio non si vede la centrale di Cerano, ma si respira la brezza del mare. Non si vede cosa calpestino i piedi, ma si sente la morbidezza della rucola di campagna e con l’esperienza di chi fa la guida per passione, si scopre un’antica vocazione legata ai vigneti, ai legumi, quasi scomparsi dalla memoria, ma ben fissati sulle mappe catastali.
Al buio si immaginano le torri difensive ancora popolate e vigilate, in grado di comunicare tra di loro, anche se non c’è campo. Eppure, campo c’è, e quanto ce n’è tra una torre e l’altra, attorno al Santuario di Galeano. E scopri che la comunicazione da torre a torre era immediata, in una seconda linea (come quella riconosciuta tra Lo Muccio, Li Bartoli, Guarini, Guaceto e tante altre torri ancora), a qualche chilometro dal mare, pronta a circoscrivere gli attacchi dei pirati turchi.
Si riscopre anche una fede mariana contesa tra due comuni in cui, le radici di una antica chiesa ortodossa ci ricordano che, infondo, siamo tutti cristiani.
Qui le luci della movida estiva sono lontane, si vedono, ma non si rimpiangono. Anche il sudore appiccicoso dell’umidità notturna diventa un ingrediente contemporaneo da condividere, a distanza.
Chi conosceva questa zona avrebbe potuto immaginare solo una serata come tante, nella solita passeggiata tra i bordi della più conosciuta via Francigena. Invece no. Chi pensava di passeggiare fiaccamente ha capito che questo nostro Salento va coccolato, perché in grado di dare tanto. Va difeso, da chi lo infama di rifiuti. Valorizzato da chi vorrebbe fosse dimenticato.
Ogni partecipante in questo viaggio notturno, non era ospite: diventava protagonista di un impegno, quasi naturale, a difesa delle torri, a baluardo del santuario di Galeano… e della Terra rossa che ci infiamma di pizzica e di arte.
Proprio questo pensavo quando un anziano contadino descriveva la piscina naturale scavata nel suo terreno, chissà quante centinaia di anni fa. Una piscina per sanare, fatta di acqua e terra ferrosa che guariva le ferite. Ferite dure, ferite di una sofferenza reale o immaginaria di un tessuto sociale molto umile che dalle difficoltà costruiva la sua ricchezza. E sta a noi non distruggere.
Proprio come Valesio (la città messapica saccheggiata dai tombaroli) venne risvegliata dalla voglia di lusso dei Romani che ne fecero una stazione termale, potremmo trovare una chiave di lettura nuova, scalfendo l’evoluzione naturale che riesce a cogliere le trasformazioni del tempo che scorre.
In questa strana sera, chiacchierando, si scopriva che è possibile ancora camminare a piedi. Percorrere la strada tra Brindisi e Lecce non avrebbe bisogno di gasolio, semmai di un cavallo. E possibile sarebbe il riavvio di un turismo lento, a misura d’uomo, che tanto piace oltre confine.
Possiamo dire senza presunzione che sia stata una bella serata, dove non è mancato un concreto accenno all’archetipo del chilometro zero e neppure l’elemento suspense con quell’eccitazione mista a tensione che nelle comitive di spessore, il più coraggioso del gruppo riesce a portare. E noi abbiamo avuto l’arzillo pensionato che ci ha fatto cadere nella rete.
Così, dopo averci confortato a suon di fichi (che qualche turista per la prima volta nella sua vita raccoglieva dalla pianta e direttamente mangiava), il pensionato predisponeva l’alvo intestinale dei meno coraggiosi rivelando la storia di una visione.
In mezzo al buio stimolatore delle fantasie più tetre, l’anziano agricoltore innestava il racconto della vecchia dalla faccia incartapecorita che bloccava i più piccoli partecipanti. Volete sapere anche voi chi fosse? Allora non perdete il prossimo viaggio notturno, quando l’opuntia ficus indica sarà maturo sulle pale…
Grazie a chi si impegna, grazie a chi lo fa non per brama di denaro, ma per passione verso la terra, la nostra; verso la cultura, la nostra, verso la religione, di tutti.
Grazie a Pro Loco, all’associazione Il Giunco ed a quanti sostengono la passione dei volontari.