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Domani 25 agosto alle 10 presso il Santuario diocesano di Sant’Oronzo fuori le mura mons. Michele Seccia presiederà la solenne eucaristia e chiuderà la Porta Santa a conclusione del Giubileo Oronziano.

 

 

 

L’attuale tempio, voluto da mons. Luigi Zola che ne affidò la progettazione all’architetto Gaetano Capozza e portato a termine da mons. Gennaro Trama che lo consacrò il 27 ottobre 1912, sorge sul luogo di preesistenti cappelle dedicate a Sant’Oronzo.

Infatti, la prima menzione esplicita di una chiesa rurale dedicata a Sant’Oronzo si riscontra in un documento notarile leccese del 13 aprile 1554. Tuttavia, un riferimento indiretto si trova già in un diploma di Tancredi del 1181 dove, nell’elenco dei confini di un podere detto “casale Aurii” donato al Monastero dei Santi Nicolò e Cataldo, si nomina una “via que vadit ad Sanctum Arontium”, località ricordata anche in un brano della Santa Visita di mons. Braccio Martelli nell’anno 1555.

La chiesa è poi menzionata nella cronaca di Bernardino Braccio, autore del XVI secolo, che all’anno 1300 riporta la storia di Giovanni D’Aymo, povero custode di Porta Rudiae, a cui un pellegrino ultramontano avrebbe indicato un tesoro nascosto “fuori della città in una ecclesia deserta nominata S. Oronzio”, e nell’Apologia Paradossica (1576-1586) di Iacopo Antonio Ferrari, il quale, riferendo lo stesso episodio del Braccio, precisa che sarebbe avvenuto “intorno agli anni 1385” e che il tesoro era nascosto “in una piccola, e misera Cappella di S. Oronzio fuori della Città un miglio”.

La cappella è pure ricordata nella Lecce sacra (1634) da don Giulio Cesare Infantino, che la vide ormai in rovina. Pertanto, nel 1657 il canonico Francesco Cappello, che di quella cappella aveva il titolo, la fece ricostruire, forse in seguito alla rivelazione del mistico calabrese don Domenico Aschinia che nella visione del 26 agosto 1656 aveva appreso come il martirio dei Santi Oronzo e Giusto era avvenuto “in quel luogo nel quale adesso vi è la cappella di S. Oronzo benché mezza ruinata”. Quel nuovo edificio, che il patrizio leccese Carlo Bozzi ne I primi martiri di Lecce Giusto, Oronzio e Fortunato (1672) descrisse “divisa per lungo da alcuni antichissimi archi, che vengono quasi a formare due chiese con due tribune, nelle quali sono due altari con l’effigie di S. Oronzio l’uno, e l’altro di S. Giusto”, fu poi restaurato nel 1835 a spese dei devoti, che fecero anche appianare la strada per potervisi più comodamente recare.

In memoria degli undici giorni di tormento a cui furono sottoposti i nostri santi prima del martirio, lungo quella strada erano state edificate undici cappelle (di cui solo nove oggi sopravvivono), la cui data di costruzione crediamo di poter finalmente precisare. Dalle Memorie di Giuseppe Cino apprendiamo che il 27 settembre 1675 un fulmine colpì la prima delle cappelle e ruppe un pezzo di sopra che cadendo uccise due persone e ne ferì mortalmente altre due. Quella data rappresenta, dunque, il terminus ante quem. D’altra parte, possiamo supporre che esse siano state costruite dopo la riedificazione della chiesa ad opera del canonico Cappello nel 1657 e forse, con maggiore approssimazione, dopo il 1672 dal momento che il Bozzi, pur parlando in maniera particolareggiata degli undici giorni di tortura e pur descrivendo la chiesa ricostruita, non fa il minimo cenno ad esse. Tuttavia, solo il rinvenimento di qualche documento più esplicito potrà dare conferma a questa nostra supposizione. Intanto ci si augura un restauro ed una maggiore valorizzazione di questi antichi segni di devozione nei confronti dei nostri Celesti Patroni.

 

 

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