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Riparte oggi 11 ottobre, da Surbo la Visita Pastorale che l’arcivescovo Michele Seccia sta compiendo da quasi due anni nelle parrocchie della diocesi. Ricomincia da Santa Maria del Popolo: così il parroco, don Mattia Murra, presenta la sua comunità.

 

 

 

 

Don Mattia, quale realtà sociale e parrocchiale troverà l’arcivescovo venendo in visita pastorale a Surbo nella tua comunità?

 

Surbo è una bellissima città. Ha gente buona, generosa e attenta. Certo, il grano cresce sempre insieme alla zizzania, ma questo non ci spaventa. Anzi, ci permette di essere sempre attenti alla persona con lo sguardo fermo su Cristo che mostra l'uomo all'uomo. Surbo vive la vicinanza con la città capoluogo. Lo si vede dai pochissimi negozi presenti nel territorio comunale: il surbino compra a Lecce. A Lecce il surbino va per ogni cosa, dai piccoli ai grandi acquisti, per un caffè, per una passeggiata... questo incide molto sulla socialità del paese. Con orgoglio posso dire che uno dei pochi luoghi che mette insieme le persone è il nostro oratorio: 1300 circa sono i tesserati, ma quelli che lo frequentano sono molti di più. La parrocchia è completamente al servizio del territorio, è presente nelle povertà economiche e culturali. C'è un ottimo rapporto con le istituzioni locali, questo ci permette di incidere sulla vita della comunità cittadina e di essere punto di riferimento di molti. Il doposcuola, la distribuzione dei pacchi e del vestiario, sono solo degli strumenti per servire i fratelli. Tante sono le attività che rendono scandiscono il ritmo della vita comunitaria, non sto qui ad elencarle, ma la cosa più importante è l'incontro col Signore risorto nella liturgia e nella formazione.

 

 

Quali sono i punti di forza e le fragilità più evidenti della tua comunità nei tre ambiti di liturgia, catechesi e carità?

 

Il punto di forza della comunità che mi onoro di servire? La corresponsabilità! Non mi sento mai solo, non lo sono. Ci sono tanti uomini e donne che non mi aiutano semplicemente, ma che condividono con me delle responsabilità. Una per tutte, quella dell'oratorio: è una macchina molto complicata da mantenere in piedi, da solo non potrei. È un miracolo continuo, vederlo sempre aperto, sempre pieno di gente, con tante attività: è Opus Dei, davvero una grande opera di Dio che si mantiene col servizio di tanti volontari, servizio che è esercizio pieno della corresponsabilità e ha solo un nome: provvidenza. Per la catechesi stiamo sperimentando dei metodi nuovi, per ora sembra andare molto bene: abbiamo quasi 600 iscritti. Ma per un giudizio più ponderato, voglio aspettare qualche anno... Un punto su cui crescere? Sicuramente la vita delle confraternite che deve diventare sempre più ecclesiale. Alcune scelte le abbiamo già fatte e intraprese, ma il cammino è lungo. Un altro punto su cui crescere? Sicuramente la vita spirituale. Già facciamo tanto: il ritiro mensile, gli esercizi spirituali, i momenti di preghiera dei momenti forti, la formazione, ma non basta mai per una sempre maggiore adesione a Cristo. E poi tante cose: siamo persone e quindi sempre migliorabili.

 

 

E ora, che cosa vi attendete dalla Visita Pastorale e quali sono gli obiettivi da raggiungere a breve e media scadenza?

 

La Santa Visita la attendiamo con gioia, senza modificare nulla alla normale vita della comunità. Il vescovo incontrerà la realtà che viviamo quotidianamente. Desideriamo che il nostro pastore incontri quanta più gente possibile, che tutti possano sentire la sua paternità. Obiettivi? Quelli della Chiesa universale e diocesana anzitutto. Un obiettivo parrocchiale? Crescere ancora nella corresponsabilità.

 

 

 

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