Con la Solennità di Cristo Re dell’Universo si è chiuso un Anno liturgico mentre con la prima domenica di Avvento ne è iniziato uno nuovo, lungo il quale ricordiamo e viviamo alcuni dei momenti centrali della storia della salvezza, nei quali Dio ci colma con la sua grazia.
Questa dicotomia ‘fine-inizio’ rimanda ad una percezione ciclica del tempo, propria, secondo Mircea Eliade (Il mito dell’eterno ritorno, 1949), delle società tradizionali a struttura agropastorale, legate ai cicli della natura e delle religioni del Vicino Oriente antico.
Secondo questa visione antropologica, l’uomo era ‘solidale con il cosmo’.
Nelle religioni profetiche (ebraismo, cristianesimo, etc.) invece, l’uomo è ‘solidale con la storia’, da cui deriva una concezione del tempo in senso lineare.
La storia è il luogo in cui si realizzano le promesse di Dio e l’uomo è orientato verso il giorno del Signore.
E il capitolo 16 del Deuteronomio ci presenta la storicizzazione del tempo in senso lineare, dove le feste israelitiche legate al ciclo dell’agricoltura, diventano momenti fondativi dell’identità del gruppo. Il riferimento è all’Esodo e alla consegna della Legge del Sinai. Dio allora entra nella Storia ed interpella l’uomo.
Secondo questa concezione del tempo, il cristiano cammina, viaggia, corre lungo una via che lo porterà certamente verso una meta finale, il godimento della presenza di Dio nella propria vita. L’Avvento è una tappa di questo percorso.
In questi ultimi giorni tutte le parrocchie sono state attraversate da un grande dinamismo, durante il quale i parroci hanno convocato i consigli pastorali, chiamato i più stretti collaboratori, lanciato messaggi ai fedeli, preoccupati di ricevere risposte riguardo ad una domanda fondamentale: “che cosa ‘fare’ per l’Avvento?”.
Sono giunte le solite risposte: faremo il presepe, addobberemo l’albero di Natale, faremo la Lectio divina (il più delle volte un’omelia per pochi intimi), metteremo sull’altare la Corona di Avvento con i 4 ceri… Faremo, faremo! Come sempre è la legge del ‘fare’.
Padre Ermes Ronchi ha scritto (Messaggero di Sant’Antonio, novembre 2022): “Parliamo, parliamo senza toccare il cuore dell’uomo. Nella Chiesa oggi c’è un’afasia di tanti chiamati a comunicare il Vangelo (…) È accaduto perché non abbiamo saputo ascoltare le persone, non abbiamo chiesto loro: che cosa cercate, che cosa desiderate? Di cosa avete bisogno?”.
Bisogna passare dal ‘fare’ all’essere vicini all’uomo nei luoghi dove egli vive, lavora, gioisce e soffre.
È questo che avviene in cielo, soprattutto nel tempo di Avvento, dove c’è grande fermento perché Dio da sempre ha desiderato e desidera incontrare l’uomo, per cui nella pienezza dei tempi ha inviato il proprio Figlio sulla terra, pur pienamente consapevole dell’accoglienza che avrebbe avuto.
Gli ha preparato una valigia colma di un amore gratuito e smisurato per l’uomo; gli ha dato una dimora terrena (il grembo verginale di Maria). Il tutto in previsione di un grande viaggio.
Il Dio dell’Avvento è il Dio della storia, che è ‘venuto’ a salvare l’uomo attraverso Gesù Cristo, rivelazione del Volto del Padre. Dio nella Sua azione non demorde!
Insiste, cerca, pazienta perché ha un amore geloso e incommensurabile per la sua creatura prediletta (cfr. Sal 8,5-9).
E l’uomo che cosa fa? Ecco che la Chiesa attraverso il tempo liturgico dell’Avvento invita i fedeli a preparare una ‘venuta’ successa secoli fa, ma anche per aprirci costantemente alla presenza di Dio che viene a noi ogni giorno.
Perché Gesù ‘viene’ ogni giorno attraverso l’Eucaristia, i sacramenti, la comunità cristiana, etc.
Viene nel cuore di ogni credente attraverso la preghiera, la lettura della Parola di Dio, quando desideriamo accostarci a Lui.
Viene attraverso i fratelli, negli avvenimenti della nostra vita, in quello che facciamo e viviamo, nei poveri, dove si riflette il suo Volto...
Attraverso la liturgia della Chiesa in questo tempo Dio ci chiama a vivere determinati atteggiamenti del Vangelo che sono essenziali per il cristiano: l’attesa vigile e gioiosa, la speranza, la conversione, la gioia, la preghiera e la pazienza.
Dobbiamo essere vigilanti (come le 5 vergini sagge in attesa dello sposo), imparando ogni giorno ad amare Dio e gli altri come Gesù, per poter, un giorno, vivere per sempre con Lui.
La Chiesa vive pienamente questo atteggiamento, per cui eleva il suo cuore a Dio dicendo: ‘Maranatha, vieni, Signore Gesù’. Noi sappiamo che il Signore è qui, che viene a salvarci.
La sua presenza è già incominciata ed è per mezzo di noi Credenti che Egli vuol essere presente nel mondo (Giuseppe De Virgilio).