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Con la scelta di vivere nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano, a poca distanza da Santa Marta dove risiede il Papa regnante, il Papa emerito ha continuato a offrire il suo servizio per il bene della Chiesa “nascosto al mondo”, come lui stesso ha dichiarato di voler fare, attraverso la preghiera, il silenzio, la mitezza e la discrezione, sostenendo il ministero del suo successore in un rapporto di fraterna amicizia e stima spirituale, oltre che obbedienza, attraverso visite, chiamate telefoniche e presenze agli avvenimenti più importanti, come il primo Concistoro di Papa Francesco o l’apertura della Porta Santa di San Pietro per l’inizio del Giubileo.

 

 

 

Prima ancora di sapere chi sarebbe stato il suo successore, congedandosi dai cardinali durante l’ultimo discorso loro rivolto nella Sala Clementina, Benedetto XVI aveva detto: “Tra voi, tra il Collegio Cardinalizio, c’è anche il futuro Papa al quale già oggi prometto la mia incondizionata reverenza ed obbedienza”.

Memorabile rimane il primo incontro tra il nuovo Papa e il Papa emerito a Castelgandolfo, dopo che il 28 febbraio le immagini dell’elicottero papale che aveva trasportato Ratzinger dal Vaticano a quella che fino ad allora era la residenza estiva dei papi (tradizione poi interrotta da Bergoglio) avevano fatto il giro del mondo. Seduti l’uno davanti all’altro, risaltava visibilmente un grosso scatolone bianco che Ratzinger ha consegnato al suo successore: un messaggio esplicito a continuare a dipanare i “dossier” aperti durante otto anni di pontificato, un gesto carico di fiducia nelle capacità del Papa argentino venuto “dalla fine del mondo” di continuare a governare la barca di Pietro, anche quando sembra sull’orlo di essere travolta da una tempesta. È il caso ad esempio degli abusi, che Papa Ratzinger per primo ha cominciato a contrastare efficacemente durante il suo pontificato. Quattro mesi dopo il summit mondiale sulla pedofilia in Vaticano, convocato da Bergoglio nel febbraio 2019, è uscito un libro dal titolo inequivocabile: “Non fate male a uno solo di quei piccoli. La voce di Pietro contro la pedofilia”, in cui per la prima volta, nero su bianco, il Papa emerito e il Papa argentino chiedono insieme “perdono” per quelle nefandezze che Ratzinger, nella sua celebre omelia del Venerdì Santo 2005, aveva annoverato tra la “sporcizia della Chiesa”.

Al suo ingresso in basilica per il suo primo Concistoro, il 22 febbraio 2014, Papa Francesco dopo aver percorso in processione la navata si è diretto verso il Papa emerito e lo ha abbracciato: è la prima cerimonia pubblica in basilica in cui sono presenti i due Papi, e la prima uscita pubblica di Ratzinger dopo la rinuncia al pontificato. Nel Concistoro dell’anno seguente, il Papa emerito ha replicato, su invito del Papa regnante. Dopo il Concistoro del 2016, i cardinali insieme a Francesco sono saliti su pullman per andare a trovare Benedetto al Monastero Mater Ecclesiae, evento che si è ripetuto anche nel Concistoro del 2017. Il 13 ottobre 2018, invece, alla vigilia della canonizzazione di Paolo VI e Oscar Arnulfo Romero, è stato Francesco a andare a trovare Benedetto nella sua dimora immersa nei Giardini vaticani. Sono le 11,10 della festa dell’Immacolata quando, l’8 dicembre 2015, Papa Francesco apre la Porta Santa di San Pietro. Subito prima, nell’atrio, ha salutato il Papa emerito Benedetto XVI: si sono abbracciati ancora una volta, hanno scambiato qualche parola. Ratzinger è stato così il primo pellegrino a varcare la porta santa.

La speciale sintonia tra i due papi, del resto, è testimoniata anche dalle innumerevoli citazioni di Joseph Ratzinger da parte di Francesco: nei documenti magisteriali, è eguagliato solo da Paolo VI. Il Pontefice attualmente regnante ha sempre definito il Papa emerito “un nonno in casa”, lasciando intendere così di aver fatto tesoro dei suoi consigli, in tutti gli incontri informali tra i due. Tutto il contrario della lettura mediatica dominante, che è solita usare gli schemi della contrapposizione polare, strumentale di volta in volta a corroborare le proprie posizioni e ad alimentare un’informazione gridata e schiacciata su uno schema binario di stampo ideologico, a scapito dei reali contenuti di ciò che viene raccontato. “Il Papa è uno, Francesco”, ha spiegato Ratzinger in un’intervista al Corriere della Sera: “L’unità della Chiesa è sempre in pericolo, da secoli. Lo è stata per tutta la sua storia. Guerre, conflitti interni, spinte centrifughe, minacce di scismi. Ma alla fine ha sempre prevalso la consapevolezza che la Chiesa è e deve restare unita. La sua unità è sempre stata più forte delle lotte e delle guerre interne”. Parole, queste, che rimandano al grande impegno a rafforzare la comunione ecclesiale che ha caratterizzato tutto il pontificato di Benedetto XVI, fino all’ultimo giorno del suo ministero petrino: “Rimaniamo uniti, cari Fratelli” - aveva detto nel suo ultimo discorso ai cardinali il 28 febbraio 2013 - in questa unità profonda dove le diversità - espressione della Chiesa universale - concorrano sempre alla superiore e concorde armonia e così serviamo la Chiesa e l’intera umanità”.

 

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