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Sono giorni intensi e, indubbiamente, di preghiera quelli che sta vivendo la nostra Chiesa dopo la morte di Benedetto XVI. Sono, però anche giorni in cui se ne fa memoria e si fanno vive le sue parole.

 

 

 

Come giovani impegnati nel Progetto Policoro è doveroso ricordare il contributo del Pontefice emerito sulle tematiche che ruotano attorno al mondo del lavoro.

Mons. Mario Operti, direttore dell’Ufficio Cei per i problemi sociali e il lavoro negli anni 1994-2000 e fondatore del Progetto Policoro, descriveva il lavoro come un investimento, un’opera paziente di intelligenza e del cuore. Proprio l’intelligenza e il cuore, o meglio la carità e la verità erano così preziose al Santo Padre tant’è che il 29 giugno 2009 ci ha donato un’intera enciclica intitolata Caritas in veritate, da collocare nel filone dell’insegnamento sociale della Chiesa che offre risposte, tramite l’impegno operativo della carità, alla gravissima crisi economica, sociale, morale in cui è incorsa l’umanità di oggi.

La Caritas in veritate ci ricorda che ogni uomo, in quanto amato da Dio, riceve una vocazione e anche il lavoro è per l’uomo una vocazione. La Chiesa sostiene, conforta, incoraggia ogni sforzo diretto a garantire a tutti un lavoro sicuro, dignitoso e stabile, ed uno degli obiettivi indicato dal Papa nella sua Enciclica è proprio quello «dell'accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti»

Sulla “definizione” di lavoro dignitoso, Benedetto XVI si è soffermato esplicitamente: «Che cosa significa la parola «decente» applicata al lavoro? Significa un lavoro che, in ogni società, sia l'espressione della dignità essenziale di ogni uomo e di ogni donna: un lavoro scelto liberamente, che associ efficacemente i lavoratori, uomini e donne, allo sviluppo della loro comunità; un lavoro che, in questo modo, permetta ai lavoratori di essere rispettati al di fuori di ogni discriminazione; un lavoro che consenta di soddisfare le necessità delle famiglie e di scolarizzare i figli, senza che questi siano costretti essi stessi a lavorare; un lavoro che permetta ai lavoratori di organizzarsi liberamente e di far sentire la loro voce; un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare e spirituale; un lavoro che assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa» (63).

È un monito alle coscienze di tutti ancora pienamente valido. L’incertezza circa le condizioni di lavoro e la disoccupazione dilagante, a lungo andare «minano la libertà e la creatività della persona e i suoi rapporti familiari e sociali con forti sofferenze sul piano psicologico spirituale».

Il Pontefice ribadisce che «il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona, nella sua integrità: “L’uomo infatti è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economico sociale”».

La carità e la verità fungono da faro e ci pongono davanti ad una sfida sempre nuova e creativa, che richiede impegno e determinazione.  L’insegnamento di Benedetto XVI offre un insostituibile sostegno spirituale per meglio orientarsi nella spesso complessa interpretazione della realtà e dei problemi in essa radicati.

 

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