“Un uomo che ha fatto della preghiera fiduciosa nel suo Dio la bussola, la stella polare, della sua esistenza”. Così l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, nell’omelia che ha pronunciato nella cattedrale gremita in occasione dei funerali di Biagio Conte, missionario laico fondatore della Missione Speranza e Carità morto nei giorni scorsi.
In un dialogo con il Padre, il presule ha aperto il suo discorso ringraziandolo “per il dono di un fedele laico cristiano, il dono di un fratello che ha creduto in te fino in fondo”. “Ti ringraziamo per avercelo fatto incontrare, ha aggiunto -. Noi siamo gli incontri che facciamo”.
L’arcivescovo ha ricordato, quindi, gli incontri di fratel Biagio, con umili e potenti. “I suoi occhi pieni di cielo ‘de te altissimo portavano e portano significazione'”, ha affermato citando San Francesco d’Assisi che lo ha ispirato. “Camminava lungo le nostre strade per donarci con il suo sorriso la preferenza per i poveri. Quel sorriso, o Padre, portava la tua presenza”.
Continuando a ricordare il sorriso del missionario laico, il presule ha detto che “non era il sorriso di circostanza o il sorriso bonario di chi non discerne, ma il sorriso di chi comprende il faticoso travaglio del mondo”. “Su tutte le creature predilige quelle che gli altri dimenticano, i più poveri, quelli che si smarriscono e sono alla ricerca di una via altra - ha aggiunto mons. Lorefice -. E l’ingiustizia non sarà l’ultima parola. Il male e il male mafioso non sarà l’ultima parola. Fratel Biagio era un lottatore, un mite e potente lottatore. Lottava con l’arma del digiuno per tendere al massimo la sua forza umile e non violenta, lottava così per insegnarci che è possibile lottare contro ogni violenza”. Ricordando le sue scelte radicali di vita, l’arcivescovo ha ribadito come “Fratel Biagio ha lasciato quello che aveva, lo ha dato ai poveri”.
“Ha vissuto il dono di vivere da povero, con i poveri, per i poveri. Era pieno, era ricco e non aveva niente. Non gli mancava nulla: i poveri, la pace e la giustizia erano le sue passioni. C’era una certezza nel suo essere che veniva da un altrove. Per questo, era vivo e pino di vita anche nel letto che era diventata la sua croce”.
Infine, il presule ha ricordato quanto Biagio Conte abbia amato la sua Palermo: “Si è coinvolto nelle sue sofferenze e contraddizioni. Il dono che lascia su Palermo è un dono grande ma anche un compito grande”.