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“Andare nelle parrocchie e non dire nulla di fronte a liturgie un po’ sciatte, trascurate, mal preparate, significa non aiutare le comunità, non accompagnarle. Invece con delicatezza, con spirito di fraternità, è bene aiutare i pastori a riflettere sulla liturgia, a prepararla con i fedeli”.

 

 

 

È il monito del Papa ai partecipanti al corso internazionale di formazione per responsabili diocesani delle celebrazioni liturgiche cui ha preso parte anche il ‘nostro’ don Vito Caputo, parroco della cattedrale di Lecce e direttore dell’Ufficio liturgico diocesano e che si è concluso ieri a Roma presso il Pontificio Istituto Sant’Anselmo sul tema: “Vivere in pienezza l’azione liturgica”.

“In questo il maestro delle celebrazioni deve usare una grande saggezza pastorale: se sta in mezzo al popolo capirà subito e saprà bene come accompagnare i confratelli, come suggerire alle comunità ciò che è adatto e realizzabile, quali sono i passi necessari per riscoprire la bellezza della liturgia e del celebrare insieme - ha proseguito Francesco, esortando infine a - curare il silenzio”: “Specialmente prima delle celebrazioni, aiutare l’assemblea e i concelebranti a concentrarsi su ciò che si va a compiere. Spesso le sacrestie sono rumorose prima e dopo le celebrazioni, ma il silenzio apre e prepara al mistero, permette l’assimilazione, lascia risuonare l’eco della Parola ascoltata. È bella la fraternità, è bello salutarsi, ma è l’incontro con Gesù che dà senso al nostro incontrarci, al nostro ritrovarci. Dobbiamo riscoprire e valorizzare il silenzio!”.

“Per favore, le omelie, sono un disastro - la denuncia finale a braccio -: otto, dieci minuti, non di più. E sempre un pensiero, un affetto e un’immagine, che la gente si porti qualcosa a casa. L’omelia non è una conferenza, è un sacramentale: la si prepara in preghiera, con spirito apostolico”.

“Non serve fare una bella ‘parata’ quando c’è il vescovo e poi tutto torna come prima – ha aggiunto il Papa -”. Compito dei responsabili delle celebrazioni liturgiche diocesane “è disporre il rito di un giorno, ma proporre una liturgia che sia imitabile, con quegli adattamenti che la comunità può recepire per crescere nella vita liturgica. Così, pian piano, lo stile celebrativo della diocesi cresce”. Di qui l’invito ad “aiutare i superiori dei seminari a presiedere al meglio, a curare proclamazione, gesti, segni, così che i futuri presbiteri, insieme allo studio della teologia liturgica, imparino a celebrare bene e lo stile della presidenza”.

“Si impara guardando quotidianamente un presbitero che sa come presiedere, come celebrare, perché vive della liturgia e, quando celebra, prega”, la tesi di Francesco, che ha invitato inoltre “ad aiutare anche i responsabili dei ministranti a preparare la liturgia delle parrocchie avviando piccole scuole di formazione liturgica, che coniughino insieme fraternità, catechesi, mistagogia e prassi celebrativa. Quando il responsabile delle celebrazioni accompagna il vescovo in una parrocchia, è bene valorizzare lo stile celebrativo che lì si vive”.

 

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