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“Riconoscere con sincerità le difficoltà ecclesiali e sociali, credendo, però, che siamo vicini ad una nuova primavera della Chiesa, aprendo nuove e coraggiose prospettive di futuro”.

 

 

Questa la direzione di marcia indicata ai vescovi italiani dal card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nella sua introduzione al Consiglio permanente (Cep), in corso a Roma fino a domani 22 marzo. “Per questo occorre passione, visione profetica, libertà evangelica e intelligenza della comunione, generosa responsabilità e gratuità nel servizio”, ha proseguito il cardinale, che ha esclamato: “La sinodalità è tutt’altro che rinuncia o omologazione al ribasso!”.

Aprendo i lavori del Cep, Zuppi ha ripreso la metafora dell’inverno, utilizzata nel Consiglio permanente del 20 settembre scorso, tenutasi a Matera, utilizzandola ancora una volta “per individuare alcune fragilità e sofferenze del nostro tempo e della nostra gente: inverno dell’ambiente, della società, dei divari territoriali, della denatalità, dell’educazione. Inverno secondo alcuni irreversibile”. Di qui la necessità di apprendere uno “sguardo dal basso”, per “commuoversi e farsi carico delle fatiche dei più poveri”, ma anche di impegnarsi in uno “sguardo lungo”, per “costruire con generosità e intelligenza, pensando al dopo di noi, per comunicare la speranza cristiana che con fiducia pensa che tutto possa cambiare e il deserto fiorire. Credo che questa sia la nostra prospettiva odierna”.

“La pandemia ha fatto affiorare alcune debolezze ecclesiali più o meno latenti”, l’analisi di Zuppi: nella stagione postpandemica, non dobbiamo “correre dietro la ricerca illusoria e ipocrita di comunità perfette”, bensì “trasformare la sofferenza in consapevolezza e sapienza umana ed ecclesiale”. “Considerando la stagione della pandemia dobbiamo evitare che il ricorso alla comunicazione digitale, così importante durante l’isolamento, sostituisca la presenza e diventi funzionale all’individualismo e alla patologia della paura”, il monito del cardinale, che ha definito “opportuno terminare con tante trasmissioni informatiche che inducono a chiudersi”. Al contrario, è urgente “nutrire una cultura cristiana, che dia significato e forma alla parola ‘insieme’”, perché, come dice il Papa, “è insieme, nella fraternità e nella solidarietà, che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo gli eventi più dolorosi”. Quella della pandemia, in sintesi, “è stata la stagione dei ‘santi della porta accanto’”, preti e laici che “hanno di fatto reinventato una pastorale fuori dagli abituali confini fisici e mentali delle parrocchie, mostrando tanta solidarietà, prossimità, amore gratuito”.

“Come non ricordare l’ultima tragedia che ha coinvolto profughi, che non hanno trovato chi custodiva la loro vita?”. Così il presidente della Cei si è riferito alla tragedia di Cutro. “Ringrazio di cuore quanti si sono prodigati in loro aiuto, manifestazione di tanta umanità e la Chiesa di Crotone che ha mostrato il volto di madre della nostra Chiesa”, l’omaggio del cardinale, che ha poi rinnovato l’appello rivolto da Matera “ai politici, ma per certi versi a tutti e che indicava alcune preoccupazioni che chiedono di trovare risposte certe, non provvisorie, precarie, sempre parziali: le povertà in aumento costante e preoccupante, l’inverno demografico, i divari tra i territori, la transizione ecologica e la crisi energetica, la difesa dei posti di lavoro, soprattutto per i giovani, i migranti, il superamento delle lungaggini burocratiche, le riforme dell’espressione democratica dello Stato e della legge elettorale. È davvero per tutti tempo di scelte coraggiose e non di opportunismi”.

“Nessuno si illude che vi sia la soluzione ad ogni difficoltà né che questo processo sia vissuto da tutti con il medesimo slancio”, il riferimento al cammino sinodale della Chiesa in Italia, oggetto della prossima Assemblea della Cei. “Quanti si sono coinvolti in questo cammino ci raccontano la soddisfazione del percorso fatto insieme, che sta educando progressivamente tutti i protagonisti a uno stile spirituale e pastorale nuovo”, ha reso noto il presidente dei vescovi italiani: “Le Chiese hanno dato voce ad una pluralità di soggetti che mi pare la premessa migliore per giungere preparati quando sarà tempo di prendere le necessarie e coraggiose decisioni evangeliche, che coinvolgeranno tutti ai vari livelli, dalle singole Chiese locali, alle Regioni ecclesiastiche, alla Chiesa in Italia nella sua unitarietà e alla Cei stessa. Penso necessario che non si perda lo slancio di vitalità e creatività, che nel tempo della pandemia ha generato pratiche pastorali nuove nelle forme e nei contenuti”.

“La Chiesa del post-pandemia e del Cammino sinodale si configura sempre più chiaramente come una Chiesa missionaria, della chiamata e dell’invio di ognuno, che si misura con le domande, le sfide, con la necessità di diffondere una cultura cristiana come chiave per capire e consolare la tanta sofferenza”, il ritratto tracciato da Zuppi: “La pandemia ha posto tutti bruscamente dinanzi ad alcune domande esistenziali fondamentali, come il senso della morte, il perché del dolore innocente, il valore tutto umano della vita dal suo inizio alla sua fine, l’importanza della gratuità, la fragilità. Mi piace immaginare una Chiesa che si faccia carico di queste domande e offra luce e speranza per nuove motivazioni che affranchino dalla paura”. Infine, un grande “grazie” a Papa Francesco, per il decennale del pontificato: “Le sue parole e i suoi gesti sono diventati per noi un programma ecclesiale e ci offrono anche un linguaggio che avvicina tanti ed è comprensibile a tutti”.

 

 

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