Un sacerdote ha candidamente riferito, la scorsa settimana, sul magazine online, settimana news.it di avere detto al pc: «Sono un prete, vorrei parlare di questioni di fede, mi aiuti per favore a fare la mia predica di domenica?». Detto fatto.

È bastato premere enter e l’omelia è venuta fuori senza problemi. Grazie all’intelligenza artificiale. Il parroco l’ha quindi proposta ai fedeli molti dei quali, sembra, non si sono accorti della provenienza. Il testo, intitolato Messaggio del nostro fratello macchina, è stato successivamente pubblicato sul sito della parrocchia. La maggior parte dei fedeli, non si è accorto di nulla; altri invece, hanno espresso fin da subito dubbi e perplessità: le parole erano vuote, prive di emozione.

Le omelie oggi, ci ricorda il Papa, sono un’occasione importante, ma anche una “sfida”: “parlare di Dio oggi passa necessariamente attraverso il confronto con le esperienze e le interpretazioni della gente. Si tratta di attivare una predicazione generativa o, meglio, una predicazione che genera”; sono le parole del Pontefice, che sottolinea un fatto certo: nessuna intelligenza artificiale può sostituire il cuore dell’uomo.

 Nessuna App, nessun modello di intelligenza artificiale potrà mai generare una predicazione efficace, dal momento che essa non ha vita al suo interno, né la può generare. Quello che davvero rende la predicazione efficace, è la sua capacità di comprendere, adeguare con empatia la vita delle persone presenti e reali, per farla entrare in risonanza con la Parola di Dio. Nella Evangelii Gaudium troviamo: «L’omelia dev’essere breve e contenere un’idea, un sentimento, un’immagine». Bisogna saper dire «parole che fanno ardere i cuori». L’omelia è la pietra di paragone per valutare la vicinanza e la capacità d’incontro di un pastore con il suo popolo. Il predicatore ha la bellissima e difficile missione di unire i cuori che si amano: quello del Signore e quelli del suo popolo». Cosa che l’intelligenza artificiale sicuramente non potrà mai fare.