Nella solennità di Pentecoste ciascuno ode parlare nella propria lingua delle meraviglie di Dio. Esso rappresenta lo stravolgimento totale del rumore della divisione nella Torre di Babele; dell’uccisione di Caino e di una nuova armonia ristabilita e una nuova comprensione reciproca.

Thomas Merton, mistico americano e attivista sociale, ricordava come il livello più profondo della comunicazione fosse proprio la comunione, esso è al di là di ogni parola e di ogni discorso. La Chiesa del Concilio Vaticano II ha compreso l’importanza della comunione e della comunicazione. Il primo documento da far uscire si pensava fosse questo decreto (Inter Mirifica) che parlasse “tra le cose meravigliose della tecnica” dove la partecipazione dell’uomo con la sua creatività, libertà e responsabilità poteva far emergere i semi di bene della chiesa e della società. Se l’ascensione ha ricordato il primato del mandato del vangelo, la Pentecoste ci fa riflettere sulla sua relativa missione ecclesiale evangelizzatrice e cioè il potere di esprimersi su come Dio oggi si comunica al mondo attraverso l’Incarnazione e il dono dello Spirito Santo. Papa Francesco propone Gesù come modello per i comunicatori così come fu per la Populorum Progressio.

“In questi ultimi giorni” il Padre “ci ha parlato per mezzo di un Figlio” (Eb 1,2), inoltre “ci comunica ora e sempre l'amore del Padre e il senso ultimo della nostra vita”. (1 Cor 15-24). Il Santo Padre ci ricorda come la Chiesa conosce di essere comunione, comunità di persone e comunità eucaristiche, radicate nel rispecchiare l'intima comunione e comunicazione della Trinità. La chiamata alla sinodalità all’ascolto profondo ecclesiale, di tutti, anche chi non è d’accordo con noi, è l’attivazione di una condivisione del cuore che è molto più di un processo. È l’occasione per sentirci “parlare nella propria lingua delle meraviglie di Dio” in un mondo ferito di rumore e disinformazione e ripartire con l’armonia missionaria di una comunione ecclesiale che sfida in maniera positiva il mondo.