Il capitolo IV dell’Istruzione sulla parrocchia pubblicata dalla Congregazione per il clero il 20 luglio scorso, rinviando alla necessità di una cultura dell’incontro quale ambiente vitale e principio orientativo della vita della comunità cristiana, sottolinea sullo sfondo che l’autentica identità ecclesiale non è identitarista (ovvero una falsificazione del proprio specifico appiattendolo solo un aspetto, v. neopelagianesimo/neognosticismo) ma relazionale: dalla consapevolezza dell’incontro con Dio in Cristo che feconda l’ambiente vitale sgorga anche l’incontro con altri mediante una prassi pastorale tesa a generare la fede attraverso spazi non da occupare ma da rendere disponibili per l’ascolto della Parola e la condivisione della vita.
In questo senso il capitolo IV dell’Istruzione rimanda al principio vitale della comunità parrocchiale nella sua conversione missionaria. Essa non è chiamata a una ristrutturazione generica o una sorta di maquillage consistente nell’aggiungere attività o dare un’altra patina all’esistente. La conversione missionaria chiede anzitutto un ritrovare il baricentro dell’azione pastorale perché non sia un mero fare attivistico. In questa prospettiva viene chiesto alla parrocchia di lasciarsi plasmare nello stile del santuario: essere polmone spirituale nella città o nel quartiere, fontana del villaggio, capace di offrire un tempo e uno spazio di incontro con Dio non nel vortice delle attività ma nel distendersi dell’ascolto di Dio e nel discernimento dei segni dei tempi.
La parola chiave “complementarietà” richiama l’attenzione al vissuto e alle relazioni. In un contesto liquido, in cui il territorio diventa meno dirimente rispetto al vissuto personale, alla parrocchia non è chiesto di diventare a propria volta liquida, nemmeno di arroccarsi identitaristicamente, quanto di essere attenta al cammino di fede di ciascuno, con una profonda attenzione ad alimentare una spiritualità di comunione che sappia valorizzare l’incontro dei carismi e dei ministeri, senza omologarli e senza cedere alla logica della sovrapposizione o dello scontro, così come a essere luogo di guarigione del cuore per coloro che nella vita hanno incontrato la fatica dell’esistere e il dolore.
Perché la parrocchia non si riduca ad essere un semplice agglomerato sociologico comunitario, essa è chiamata a ritrovare il passo in un afflato spirituale che nasce dalla comunione accolta nella fede e alimentata nella prassi, che crei un clima capace di alimentare la vita dei molti e delle famiglie, diventando comunità di comunità; ovvero luogo generativo di progetti di dialogo e impegno, non stagnante, ma dinamicamente proteso nella consapevolezza della propria identità cristiana, a partire dalla quale il dialogo e l’impegno stessi possono darsi.