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Sono tre i “modelli” di parrocchia che l’Istruzione “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa”, della Congregazione per il Clero, propone nel quinto capitolo. 

 

 

Primo modello: “comunità di comunità”. “Le piccole comunità, i movimenti e altre forme di associazione (…) che lo Spirito Santo suscita per evangelizzare tutti gli ambienti e i settori” (EG 29),  sono chiamate alla comunione (Istr. n.28). 

La comunione che si realizza, però, al contatto con la parrocchia del proprio territorio, integrandosi nella pastorale organica locale, naturalmente secondo il proprio carisma specifico di ciascuna comunità, secondo le proprie caratteristiche, senza uniformismi e senza confusioni, uniti nella distinzione, per il bene della Chiesa.

Per questo, ai pastori e ai responsabili diretti viene chiesto di trasformare la parrocchia da “ente” in comunità/comunione superando tutte quelle forme di rigidità e di legalismo che talvolta ingessano i rapporti umani.

Mentre ai gruppi, movimenti e associazioni si richiede di non vedere la parrocchia come una comunità di “utilizzo”, ma un luogo privilegiato per costruire prima di tutto le relazioni solide.

Il secondo è il “modello santuario”dove gli assetati vanno a bere per continuare a camminare e centro costante di invio missionario” (EG 28).

Quale è lo stile spirituale ed ecclesiale dei santuari che deve “dare forma” alla parrocchia?

  • lo stile di accoglienza; i santuari sono “casa per tutti” anche per i non credenti, gli agnostici, i più distanti dalla fede, uomini e donne di altre convinzioni;
  • lo stile di un’intensa vita di preghiera, nel silenzio; di “un’oasi” di fede e di un luogo dove si respira il soprannaturale,
  • lo stile dove ci si incontra “con il volto di Cristo misericordioso” (n.31) nel sacramento della riconciliazione (la confessione) o dove si trova qualcuno disponibile all’ascolto, all’accompagnamento spirituale;
  • lo stile dell’attenzione particolare ai bisognosi, agli ultimi, ai poveri dai molteplici volti, agli ammalati
  • lo stile dove si celebra la liturgia con una intensa partecipazione e durante la quale si sperimenta la Presenza del Signore in mezzo a suoi.

Il terzo modello è quello di una parrocchia che dàai poveri e agli esclusi un posto privilegiato…”. (n. 32)

È un modello di parrocchia che va oltre ogni forma di assistenzialismo fine a sé stesso per farne un “luogo di incontro umano e personale” (n.33) tra i poveri e la Chiesa.

Esige un cambiamento nelle strutture della parrocchia e negli operatori tutti che devono lasciarsi muovere dalla “compassione per la carne di Cristo”, per chi è ammalato, per chi è senza lavoro, per chi è nel bisogno, sotto ogni aspetto.

L’esperienza della Chiesa assicura che la comunità parrocchiale che si impegna nell’annuncio del vangelo ai poveri, sarà evangelizzata dai poveri stessi.

Tre modelli che non si escludono a vicenda ma che possono essere visti uno dentro l’altro, che si compenetrano in un unico progetto di trasformazione missionaria della parrocchia.

 

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