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Dopo sette anni, qual è “la spinta propulsiva” del pontificato di Francesco? O, meglio, “che tipo di governo” è il suo e “come interpretarlo alla luce di questi anni?”.

 

 

A raccogliere l’interrogativo che si pongono spesso analisti e commentatori è Padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, nel quaderno 4085 della rivista in uscita domani. “Francesco - spiega - è gesuita, e la sua idea di riforma della Chiesa corrisponde alla visione ignaziana”.

Per questo, chi volesse tematizzare nel suo pontificato “un’opposizione tra conversione spirituale, pastorale e strutturale dimostrerebbe di non averne compreso il nucleo. La riforma è un processo davvero spirituale, che cambia - ora lentamente ora velocemente - anche le forme, quelle che chiamiamo ‘strutture’”. Ne discende che “il puntare alla conversione non è un pio riferimento spirituale inefficace, ma un atto di governo radicale”.

Dunque, la lunga e articolata analisi del direttore de La Civiltà Cattolica, “la spinta propulsiva del pontificato non è la capacità di fare cose o di istituzionalizzare sempre e comunque il cambiamento, ma di discernere tempi e momenti di uno svuotamento perché la missione faccia trasparire meglio Cristo”.

“Il Papa non ha idee preconfezionate da applicare al reale, né un piano ideologico di riforme prêt-à-porter, ma avanza sulla base di un’esperienza spirituale e di preghiera che condivide passo passo nel dialogo, nella consultazione, nella risposta concreta alla situazione umana vulnerabile”. Una delle sue icone più efficaci “è forse quella di un Pontefice che in pieno tempo di pandemia, da solo, in una piazza San Pietro vuota, lancia un messaggio Urbi et Orbi e benedice eucaristicamente il mondo”.

“Questo modo di procedere - spiega ancora Spadaro - si chiama ‘discernimento’”; un discernimento che non si fa sulle idee, ma “sul reale, sulle storie, sulla concreta storia della Chiesa, perché la realtà è sempre superiore all’idea”. Per il Papa, dunque, le azioni e le decisioni “devono essere accompagnate da una lettura attenta, meditativa, orante dell’esperienza”.

“Per Francesco non è solo importante la proposta in sé, ma anche lo spirito - buono o cattivo - che la porta avanti. Questo emerge non soltanto dal che cosa viene proposto, ma anche dal modo, dal linguaggio con il quale quella proposta viene espressa - prosegue Spadaro”.

Per il Papa, spiega, “la disposizione interiore nell’assumere le decisioni è chiaramente espressa negli Esercizi spirituali: ‘Non volere nessuna cosa che non sia mossa unicamente dal servizio di Dio Nostro Signore’”.
Francesco “ha ben chiaro il contesto, la situazione di partenza; è informato, ascolta pareri; è saldamente aderente al presente. Tuttavia, la strada che intende percorrere è per lui davvero aperta, non c’è una road map soltanto teorica: il cammino si apre camminando”, afferma Spadaro. Inoltre, il suo pontificato e la sua volontà di riforma “non sono e non saranno solamente di ordine ‘amministrativo’, ma di avviamento e di accompagnamento di processi: alcuni rapidi e folgoranti, altri estremamente lenti”.

Secondo il Papa, “il grande progetto di riforma può realizzarsi nel gesto minimo, nel piccolo passo, persino nell’incontro con una persona, ad esempio, o nell’attenzione a una particolare situazione di bisogno. È questo anche il motivo per cui Francesco non si rivolge solamente e genericamente alle autorità, ai governanti o a categorie di persone, ma spesso direttamente anche ai soggetti vittime di situazioni negative o di sfruttamento. Punta al piccolo, alla situazione concreta, che però - conclude Spadaro - ha in sé il seme della riforma evangelica”. (G.P.T.)

 

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