Carlo Acutis è beato. Uno dei momenti più commoventi del rito di beatificazione, avvenuto sabato 10 ottobre ad Assisi, nella basilica di San Francesco, è stato quando è stata portata all’altare la reliquia, l’abbraccio ai genitori da parte del card. Agostino Vallini, che ha presieduto la celebrazione. La mamma, Antonia Salzano, rivive questi momenti e cosa ha significato vivere con un figlio così speciale.
Sabato scorso 10 ottobre è stata una giornata speciale…
È stata una grande emozione questa beatificazione. Noi siamo contenti perché è una conferma da parte della Chiesa. Il card. Vallini a mio marito ha detto: “Carlo farà cose grandi nella Chiesa”. E a me: “Ha fatto il miracolo”, penso si riferisse a Carlo. Che mio figlio fosse santo io e mio marito l’abbiamo sempre saputo, ma noi potremmo essere di parte. La beatificazione è stata importante non solo per noi genitori, ma anche per i devoti di Carlo in tutto il mondo. Poi, in un periodo cupo per il Covid, quel bel tempo che c’era, i tramonti bellissimi che ci ha regalato Assisi, è stata una grazia anche che tutto si sia svolto in sicurezza, senza intoppi né problemi. È stato fatto un lavoro immane, tutte quelle persone da gestire, c’erano i maxi schermi in vari luoghi, i fedeli sono stati disciplinati. Devo anche dire una parola su mons. Domenico Sorrentino e il suo staff che hanno organizzato la cerimonia: sia il vescovo sia le autorità sono stati bravissimi. Mons. Sorrentino, poi, è innamorato di Carlo. Noi abbiamo ceduto alla Chiesa e a lui, in particolare, il corpo di nostro figlio attraverso un atto notarile perché nel momento in cui una persona è venerata pubblicamente è giusto che la Chiesa possa disporre del suo corpo. So che Carlo ora è in buone mani.
Lei cosa pensava a vedere questo figlio straordinario?
Carlo aveva una vita ordinaria che è diventata straordinaria grazie a questa presenza viva e reale di Cristo nella sua vita. Da quando ha compiuto 7 anni, andava a messa tutti i giorni, faceva l’adorazione eucaristica prima e dopo la messa, recitava il rosario, si dedicava alla lettura della Parola di Dio. Cristo era presente sempre: ad esempio, se Carlo giocava a pallone, lo faceva con e per Gesù. Non scindeva la sua vita di fede dalla sua vita attiva. Riusciva a coniugare la sua vita di studente con la sua vita di fede, era un tutt’uno. Tante volte si vive in modo staccato la fede dalla quotidianità. Se, invece, la fede entra nel tessuto della vita di ognuno di noi, quella vita diventa credibile, si è un testimone autentico, diventa un abito che caratterizza la persona. Era una cosa che Carlo riusciva a fare magistralmente. È bello questo.
Suo figlio ha avuto un esempio di fede in famiglia?
Sinceramente no. Io e mio marito eravamo abbastanza carenti.
È una propensione nata spontaneamente in lui.
Voleva entrare nelle chiese e salutare Gesù Eucaristia o Gesù Crocifisso, voleva raccogliere o comprare con i suoi risparmi fiori da portare alla Madonna. Io non ostacolavo questa sua fede: ha iniziato a leggere la parola di Dio e la vita dei santi. Questo l’ha fatto maturare precocemente da un punto di vista religioso. Desiderava ardentemente fare la prima comunione, per un’occasione speciale gli è stato permesso all’età di 7 anni e da allora non ha mai mancato all’appuntamento quotidiano con l’adorazione eucaristica e la santa messa.
L’amore per Cristo si è tradotto in amore per i poveri…
Carlo aveva un grande amore per tutti, soprattutto le persone più svantaggiate. Ai clochard che dormivano per strada sui cartoni portava bevande calde e qualcosa da mangiare la sera, con i suoi risparmi comprava i sacchi a pelo e coperte, per questo lo aiutavo economicamente. Si faceva prossimo, salutava tutti, aveva interesse per tutti, nelle persone vedeva il volto di Gesù, voleva bene e aveva una buona parola per tutti. Noi a Milano viviamo in centro, dove ci sono molti stabili con portieri di altre nazionalità, provenienti da altri continenti, spesso soli. Carlo parlava con loro, comprendendo le loro difficoltà di lasciare il proprio Paese e vivere in una terra straniera. Questa grande sensibilità lo portava a essere carino anche in casa. Noi avevamo una stiratrice, da poco lasciata dal marito, che aveva una bambina di 12 anni e viveva in un quartiere lontano da noi, a San Donato. Veniva da noi la sera: Carlo per farla andare via presto in modo che potesse tornare a casa dalla figlia l’aiutava a piegare panni e persino a stirare. Ecco, nelle piccole cose si faceva prossimo. Era un ragazzo aperto e solare.
I suoi gemelli di dieci anni hanno ricevuto dal fratello maggiore un’“eredità” importante…
La vivono con naturalezza. Carlo fa parte della loro vita: sin da quando sono nati si parlava del fratello, sono cresciuti con la sua presenza. Pregano Carlo, gli chiedono grazie. Anche loro sono bambini molto religiosi: vanno a messa tutti i giorni, hanno fatto la prima Comunione ancora prima di Carlo, a cinque anni e mezzo, dicono il rosario tutti i giorni.
Lei ha generato Carlo alla vita, ora suo figlio è beato. In qualche modo lei diventa discepola di suo figlio…
Per me Carlo è stato un piccolo salvatore, perché io ero una persona vissuta laicamente. Ero andata a messa tre volte: il giorno della prima Comunione, della Cresima e del matrimonio. L’interesse di Carlo verso la fede e l’amore verso Gesù mi mettevano in imbarazzo, perché io ero ignorante su tutto questo. Una mia amica mi suggerì di rivolgermi a un sacerdote di Bologna. Io andai e lui mi consigliò di fare degli studi di teologia a tempo perso. Io accettai: da lì è iniziato un mio percorso di santificazione. Carlo è stato il tramite. In un certo senso, Carlo mi “ha rigenerato”, poi ho iniziato a camminare anche da sola. Certamente, già vivere con lui ha significato avere una fonte di grazia vicino a me. Era un ragazzo speciale, molto pio. Quando pregava per una situazione, questa cambiava drasticamente, già in vita otteneva tante grazie, la sua preghiera era potente. Un ragazzo di grande fede, spiritualità, obbediente, generoso, sorridente, altruista, che pensava sempre al prossimo. Quando salutava le persone, tanti dicevano che i suoi sorrisi sembravano frecce di carità. Già come sorrideva e come parlava, scaldava i cuori delle persone. La gente in Carlo percepiva la presenza viva e reale di Cristo, di cui lui si nutriva tutti i giorni. Carlo era un portatore di Gesù, perciò la gente si sentiva naturalmente attratta da lui. Mio figlio per questo era amato da tutti e non suscitava invidia anche se aveva grandi talenti. In casa un nostro domestico induista, bramino, grazie a lui si è convertito. Carlo non lasciava nessuno indifferente.
Da mamma a testimone di questa vita straordinaria…
Sì, compatibilmente ai miei impegni di mamma di due bambini e di moglie e al mio lavoro. Ora anche con il Covid, non è tanto facile girare, ma facciamo incontri on line. Proprio Carlo ha mostrato come si possa usare a fin di beni questi mezzi, come si vede con la sua mostra sui miracoli eucaristici che è arrivata così in tutto il mondo; poi faceva siti per le parrocchie e per associazioni di volontariato. Ha mostrato il lato positivo di internet che dovrebbe prevaricare sul lato oscuro, quello della pornografia e di altre cose che rovinano le coscienze e i giovani.
Carlo è grande esempio proprio per i giovani…
Carlo diceva sempre che il cammino di santità è per tutti, tutti nasciamo originali, ma molti muoiono fotocopie perché non seguono il progetto unico di salvezza che Dio ha per ciascuno. Ma è difficile mettere in pratica questo progetto, rischiamo di essere fotocopie di qualcosa o di qualcuno, perdendo di vista il nostro obiettivo. Per invitare ciascuno alla santità l’esempio di Carlo è importante, perché mostra un sentiero semplice.