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Con la scomparsa del gesuita Bartolomeo Sorge se n’è andata anche una delle figure di spicco della cultura cattolica degli ultimi cinquant’anni.

 

 

La sua morte ha riportato ancor più in auge il suo pensiero riformatore che ha radici nella visione di Chiesa dettata dai documenti del Vaticano II specie per quegli ambiti che riguardano la presenza significativa e la fecondità del cattolicesimo in Italia e nel mondo contemporaneo.

Con il prof. Rocco D’Ambrosio, docente di Filosofia della politica alla Facoltà di filosofia della Pontificia Università Gregoriana, abbiamo ricordato alcuni passaggi del suo agire ecclesiale.

 

Prof. D’Ambrosio, il cattolicesimo italiano è in lutto. La morte di Padre Bartolomeo Sorge, gesuita ex direttore di Civiltà Cattolica e di Aggiornamenti Sociali, lascia un grande vuoto nel pensiero cattolico sociale contemporaneo. Per alcuni in padre Sorge ha incarnato, in modo esemplare, la teologia del Concilio Vaticano II. È così professore? 

Certamente si! Il suo pensiero e il suo agire ecclesiale sono in perfetta linea di attuazione del Vaticano II. Tutte le volte che ho avuto modo di confrontarmi con lui ho sempre avuto la percezione che il suo profondo spirito conciliare partisse dal desiderio di rinnovare la nostra spinta di evangelizzazione, senza mai disgiungerla da un’attenta analisi della realtà sociale e politica. Lo dico anche relativamente a quando, da discepolo, non condividevo la sua linea magisteriale: mi riferisco alla “ricomposizione dell’area cattolica”. Su di essa gli presentavo diverse perplessità, eppure anche in esse la sua intenzione era limpida: non perdere il patrimonio di pensiero sociale cattolico e permettere che potesse ancora ispirare azioni positive; al di là delle strategie pratiche.

Padre Sorge non è stato solo un raffinato teologo ma è stato un precursore della "Chiesa in uscita" di Papa Francesco. Ricordiamo, a questo proposito, il grande convegno della Chiesa italiana su "Evangelizzazione e Promozione umana". Una Chiesa che si fa prossimo all'uomo contemporaneo.

Il Convegno “Evangelizzazone e promozione umana” del 1976 fu presieduto dal card. Antonio Poma, presidente della Cei, affiancato da mons. Luigi Maverna, da Padre Bartolomeo Sorge e da Giuseppe Lazzati. Gli interventi fondamentali furono affidati a mons. Giovanni Nervo, Paola Gaiotti, Achille Ardigò, Giuseppe De Rita e mons. Filippo Franceschi. Fu un convegno decisivo per la Chiesa Italiana e Sorge ne fu fattivo protagonista e umile tessitore. L’aspetto del farsi prossimo fu conferma e sprono per tutti quei pastori e fedeli laici che erano impegnati nel mondo, specie nel servizio di carità. Ma voglio anche ricordare una nota non tanto positiva. Qualche tempo fa, lo stesso Padre Bartolomeo lamentava che "i vescovi lasciarono cadere le due principali proposte del Convegno: l’introduzione nella Chiesa italiana dello «stile del con-venire» (come allora si chiamava la «sinodalità») e la nuova concezione di missionarietà, diversa dalla pastorale classica tradizionale” (La Civiltà Cattolica, q. 4062). Parole su cui meditare tanto, visto che, i diversi appelli di Papa Francesco per un sinodo della Chiesa italiana, sono ancora inascoltati da pastori e fedeli laici!

Padre Sorge è un vero maestro di dottrina sociale della Chiesa e, quindi, un vero intellettuale politico. In questo senso qual è la sua eredità di pensiero per i cattolici impegnati in politica?

Parlerei di un’eredità pensata e attiva. Vede, la dottrina sociale, o magistero sociale della Chiesa cattolica, è spesso citata in maniera retorica e sterile, cioè la si pensa solo come una raccolta di grandi principi etici. Era proprio Padre Sorge a ricordare spesso la Octogesima adveniens di Paolo VI: “Spetta alle comunità cristiane individuare, con l’assistenza dello Spirito Santo, - in comunione coi vescovi responsabili, e in dialogo con gli altri fratelli cristiani e con tutti gli uomini di buona volontà - le scelte e gli impegni che conviene prendere per operare le trasformazioni sociali, politiche ed economiche che si palesano urgenti e necessarie in molti casi”. Se i cattolici non si impegnano concretamente per il bene del nostro Paese e del mondo, se le comunità non pongono segni in controtendenza con chiusure, illegalità e mafia, razzismi, corruzione, populismi e liberismo sfrenato… meglio non citarla la dottrina sociale! Anche questo ci ha insegnato Padre Bartolomeo.

Professore, l'ultima sua battaglia politica e culturale è stata contro il sovranismo e il populismo. Dure sono state le sue parole contro la cultura leghista. In questo è stato davvero intransigente. Quale pericolo vedeva per la democrazia italiana?

Un po’ il pericolo che vediamo tutti: sovranismo e populismo, in Italia e nel mondo, minano la democrazia sin nei suoi fondamenti. Le sue parole chiarissime: “In questo tempo si è fatta largo la convinzione che la maggioranza parlamentare si identifichi con il popolo intero, e i leader dei movimenti populisti hanno portato all’imbarbarimento culturale, avvelenando la società italiana con odio, egoismo, discriminazione delle persone immigrate, razzismo e xenofobia”.

 

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