“Gesù, portiamo anche noi delle croci, a volte molto pesanti: una malattia, un incidente, la morte di una persona cara, una delusione affettiva, un figlio che si è perso, il lavoro che manca, una ferita interiore che non guarisce, il fallimento di un progetto, l’ennesima attesa andata a vuoto…”.
Nella tradizione popolare questo giorno assume una dimensione di profonda tristezza, quasi di lutto; è giorno di digiuno e di astinenza, ma la liturgia, pur nella sua emotività, esprime una serena e maestosa solennità.
Il giovedì santo costituisce l’inizio del Triduo, il prologo, la porta d’ingresso. Di per sé non fa parte del Triduo pasquale in senso stretto, ma è il suo proemio.
Sarà il Papa, per la prima volta dall’inizio del pontificato, l’autore dei testi delle meditazioni della Via Crucis di venerdì prossimo, 29 marzo, al Colosseo.
Sia pur brevemente, interpelliamo la storia per conoscere l’evoluzione del triduo lungo il corso dei secoli. Fino al IV secolo, dunque, rimane la visione globale e unitaria del mistero pasquale con la sua forte concentrazione sul “Cristo crocifisso, sepolto e risorto” (Agostino).