Una celebrazione solenne ma intima. Familiare, quella che si è svolta ieri sera nella chiesa madre di Alessano per fare memoria del 28° anniversario della morte di don Tonino Bello, Servo di Dio e ormai incamminato verso la venerabilità, porta d’ingresso per la beatificazione.
A presiedere il rito (GUARDA) il nuovo arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, anch’egli ‘discepolo’ di don Tonino per averlo conosciuto e frequentato negli anni della sua formazione al sacerdozio. Gran bella testimonianza di chi ha voluto compiere un pellegrinaggio sulla tomba del “profeta” in un giorno così significativo per affidare il suon nuovo servizio episcopale sotto la benedizione del Servo di Dio.
Ma l’appuntamento è stato importante anche perché prima della fine della messa il vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, mons. Vito Angiuli ha dato comunicazione ufficiale (accompagnandola con una Lettera alla comunità diocesana) della donazione dei resti mortali dalla famiglia Bello, rappresentata dall’unico fratello vivente di don Tonino, Trifone, e dai nipoti alla Chiesa locale. Un passaggio fondamentale previsto dal Diritto canonico mentre è in corso un processo di canonizzazione.
Pubblichiamo integralmente il testo dell’intervento, l’ultimo della serata, di Giancarlo Piccinni, presidente della Fondazione “don Tonino Bello”, realtà del territorio che, ancora oggi, insieme con la diocesi, continua a diffondere il messaggio evangelico di giustizia sociale e di speranza del “vescovo della pace”.
Il 28° anniversario del dies natalis di don Tonino Bello è stato ancora una volta foriero di novità. Nessun anno, dal 1993 ad oggi, è stato come il precedente: don Tonino ci ha portato sempre qualcosa di nuovo, qualcosa di Bello!
Siamo felici perché attorno a noi si sono compiuti due gesti di generosità. Generosità: quanto sono importanti le parole! La radice del termine si trova nella parola latina genus, generis, un termine che rimanda a stirpe, famiglia: dobbiamo dire grazie alla famiglia di don Tonino che ha voluto donare le spoglie mortali dell’amato pastore alla Chiesa diocesana.
È questo un gesto che non ha un significato, una dimensione "particolare", bensì universale.
È un gesto soprattutto di fedeltà alle volontà di don Tonino; più volte e a più testimoni lui ha espresso in vita questo suo desiderio: essere sepolto nella sua terra, in quella terra che lo aveva generato e che già custodiva i resti mortali della madre Maria. Così è stato e la sua tomba, sin dal primo giorno, è diventata meta di tantissimi pellegrini senza distinzione di razza, religione, appartenenza geografica o politica. Lì non sono custoditi i suoi resti mortali ma i semi, come ha scritto il fratello Marcello, che continuano a dar frutto. Dobbiamo dire grazie a chi in questi anni è stato custode della sua tomba: se quel posto ha conservato un suo fascino unico nella semplicità, essenzialità, nella bellezza è perché qualcuno ha dato tutti i giorni il suo tempo: grazie Trifone!
Nel suo testamento scritto domenica 18 aprile del 1993 tra le altre cose, anzi prima delle altre cose, don Tonino donò la sua casa per la costituzione di "un centro culturale per la promozione integrale della gioventù alessanese": quanto la fondazione con tutti i suoi componenti ha realizzato su tutto il territorio nazionale è sotto gli occhi di tutti, non di tutti noi ma di tutto il popolo che ama don Tonino.
Il vescovo Vito Angiuli, sin dal primo giorno del suo arrivo tra noi, ha detto qualche anno fa a proposito dell'operato della Fondazione “don Tonino Bello”: "A distanza di tempo, si comprende meglio il lavoro che è stato fatto in questi anni. Gli incontri, le riunioni, tante attività, tanto lavoro: il tutto ha avuto come coronamento e sbocco finale la visita del Pontefice. Perciò la venuta del Papa bisogna leggerla come un momento provvidenziale che ha dato l’ultimo tocco, quello più autorevole, ad una storia che è stata portata avanti in questo modo straordinario, brillante, con tante fatiche, che è giunta fino a noi, come punto di arrivo.".
Per la fedeltà a don Tonino Alessano, la diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, il suo popolo diffuso in tutta la nazione ed oltre (i suoi scritti iniziano infatti ad essere pubblicati anche in altre lingue) la Fondazione continuerà ad operare con le energie di tutti, con la passione di tutti, con l'intelligenza di tutti e continuerà a farlo con l'impronta laica , che non significa impronta ridotta, inferiore, limitata, ma significa riconoscerle un suo specifico all'interno del mondo e della Chiesa. Come non ricordare, a proposito del ruolo dei laici nel mondo, le parole di don Tonino in occasione del suo ingresso nella città di Molfetta: “io primo dei laici comunico tutta la mia ansia perché sappiate scoprire sempre più lucidamente il ruolo che vi compete nella chiesa, la vostra eguale dignità degli altri membri del popolo di Dio, la vostra chiamata alla santità e alla animazione delle realtà terrene, i vostri carismi, la vostra originalità incedibile, la vostra autonomia regale”.
Queste stesse parole sono state citate il 2 febbraio scorso dall'arcivescovo di Napoli in occasione del suo ingresso nella nuova diocesi. Grazie don Mimmo per questo gesto di generosità (il secondo che oggi ci tiene qui riuniti)! Hai desiderato tornare nella nostra città e la tua presenza oggi tra noi assume tanti significati.
A te ci sentiamo legati per tanti motivi. Il tuo stile e il tuo coraggio evangelico, la scelta preferenziale per i poveri, il tuo essere uomo del sud. Ma innanzitutto perché il tuo cuore ha incontrato don Tonino quando eri ancora giovane. E tu, come noi, sei stato rapito dal suo sorriso, dal suo fascino, dalla sua bontà! Ti sei accorto subito che accanto a te non c'era un padrone ma un padre: un padre e un fratello che ti stava accanto. Il vangelo di domenica ci raccontava dei discepoli di Emmaus che se ne andavano fuori dalla città dominati dall'incertezza: quante incertezze nella nostra vita, quanti dubbi. E con essi i sensi di colpa”. Se uno dubita non crede ": così ci veniva detto, con questa logica siamo cresciuti. Poi un incontro con don Tonino e tornava il sereno: "la fede è un cammino nel dubbio!".
Il dubbio non scandalizzava don Tonino! Anche lui aveva i suoi dubbi, ma è stato sempre fedele, anche in assenza di certezze! Questa la sua esperienza di sempre, degli ultimi giorni in particolare, quando "seduto accanto alla sua povertà, alla sua malattia che gli annunciava la fine, si lasciò avvolgere nel silenzio della Sua presenza ".
Il silenzio è la lingua di Dio! E lui nel silenzio ha maturato le sue scelte più belle. Quanti dubbi oggi per tutti noi! Con don Tonino sappiamo di avere due imperativi: essere solidali con le sofferenze del mondo e ed essere consapevoli delle nostre fragilità. Non abbiamo altra consolazione da dare che la speranza!
Alla tua terra solare, don Mimmo, alla tua città così ricca di storia e di cultura e al tuo popolo meraviglioso, unico per i tanti artisti, scienziati, uomini di Dio, porti il saluto di tutti noi, del nostro popolo, delle nostre istituzioni politiche, religiose, accademiche, militari che questa sera ci onorano della loro presenza. Il nostro non è un saluto formale: amiamo da sempre la sua gente, e oggi abbiamo un motivo in più. Amiamo da sempre la sua città! Anche per le tantissime opere d’ arte! Una in particolare oggi assume un significato particolare. È il Cristo velato. Quel velo invece che nascondere evidenzia le sofferenze del Crocefisso, quel velo non vela ma svela. Quell'immagine mi ricorda più che ogni altra il nostro don Tonino: ci ha svelato con la sua testimonianza il volto di Dio, il volto dei sofferenti. Anche lei nella sua diocesi sta seguendo queste orme, con coraggio, con profezia! E noi anche per questo le diciamo grazie.