Ascoltare i bisogni del momento, pregare intensamente lo Spirito Santo, poi decidere aderendo alla volontà di Dio. È il lascito spirituale di Madre Teresa di Calcutta, canonizzata il 4 settembre 2016, una vita offerta per il servizio ai più poveri tra i poveri.
Case religiose aperte in tutti i continenti. Uno stile contemplativo sulle strade del mondo. Una donna che, come ripete spesso la Superiora generale Sr. Prema, non ha mai fatto un passo indietro nel difendere la dignità delle persone. Il quinto anniversario del riconoscimento della santità della suora albanese si intreccia con la vicenda delle Missionarie della Carità che hanno dovuto lasciare - dopo quindici anni - l'Afghanistan. A volte lo Spirito suggerisce di restare, altre volte di muoversi. Per loro è toccato muoversi, muoversi da Kabul. Non senza, però, i 14 bambini disabili che sono riuscite a portare con loro in Italia e insieme ai quali sono accolte in una delle case della comunità, alla periferia di Roma.
"È Gesù che soffre e che vuole essere amato, che chiede amore e che dona amore": con la discrezione che segna da sempre il loro agire, le suore ci raccontano questo loro fare spazio a una esperienza - quella dell'accoglienza dei ragazzi afghani - per loro vissuta come una "vera rivoluzione" che sta imponendo un riassetto logistico, una ridefinizione dei compiti, un surplus di energie. Ma le forze arrivano dal Signore. E dai bambini stessi. "Questi bambini stanno donando anche a noi: tenerezza, relazioni, in maniera diversa da come noi le pensiamo. Ci chiedono di relazionarci con loro e ci danno la capacità di amare; ci stanno allargando il cuore per poter amare di più. E amano anche loro". Con una forza disarmante che si fa interpellare di continuo dalla realtà concreta che chiama, spariglia e trasfigura, la suora che ci parla (rispettiamo il suo desiderio di anonimato) ci riporta a guardare la piccolezza, come faceva la Madre.
Le Missionarie arrivate da Kabul, pur nella prova che hanno dovuto sopportare, continuano a servire, non si sono fermate. Aver potuto portare questi bambini dà loro molta gioia. "Questo è il nostro carisma: vivere la sete di Gesù in qualsiasi posto, con chiunque ci troviamo". Fiducia in Dio e nella Madonna: è stata la roccia a cui si sono aggrappate soprattutto negli ultimi giorni di permanenza in Afghanistan. "Tanta fiducia in Dio. È l'unico sostegno, l'unica potenza. Un grande abbandono nelle Sue mani pregando tanto per abbandonarci a Lui. La presenza della Madonna è stata molto forte. Vivere nel mezzo della sofferenza, vivere la croce, insieme, accompagnando, soffrire anche noi con loro: questo fa parte del nostro carisma. Ai piedi di tanti calvari". Con quale beneficio? "Il frutto della sofferenza è l'amore. La sofferenza comporta sempre due conseguenze: o ti rende duro, oppure ti scioglie. Dipende da come la si abbraccia e con chi. Gesù ha sofferto tanto per insegnarci cosa fare con la sofferenza. Stare con qualcuno che soffre è condividere, entrare, e il frutto è l'amore. È l'amore, basta. Perché quando qualcuno soffre, e non puoi fare niente, puoi solo amare, stare con e amare la persona là dove è, come è, in quel momento".