L’immagine della porta è sempre suggestiva, ma anche molto impegnativa. Di solito funge da collegamento tra un ambiente esterno e uno interno. E, viceversa, a seconda della prospettiva con cui si varca la soglia o ci si avvicini ad essa.
Dalla porta si entra; dalla porta si esce. Quella che può sembrare un’ovvietà, apre invece a una riflessione che va oltre il meccanismo apertura-chiusura. Basta osservarne la struttura: ci sono telaio, cornice, cerniere, maniglia e serratura. Il tutto per permettere il movimento. Ecco perché l’immagine della porta affascina e, insieme, impegna.
La “molla” interiore dà la spinta e sostiene la decisione di aprirsi o chiudersi. C’è sempre una motivazione forte che permette di girare la chiave e afferrare la maniglia. Se questo vale per tutte le esperienze quotidiane, vale ancora di più per chi si occupa di comunicazione e informazione. Ne è testimonianza “Portalecce”: in due anni di attività, con creatività e qualità, ha dimostrato la bellezza di una Chiesa che sa farsi prossima (“esce per strada”) varcando con decisione la soglia che separa ciò che è dentro da ciò che è fuori. Più che un portale, è un aggregatore di comunione.
La triste esperienza della pandemia ha messo in risalto il legame creato con gli utenti. Basta pensare alle celebrazioni trasmesse ogni giorno, dal 5 marzo al 31 maggio, in collaborazione con le tv locali del territorio. Quando il rapporto con le altre realtà mediatiche locali dà i propri frutti, vuol dire che la struttura poggia su un telaio solido.
In un mondo informativo sempre più contratto, avere delle porte che continuano ad aprirsi è sempre un bel segnale. Auguri, “Portalecce”! Che l’uscita per strada sia sempre arricchente!
*Direttore Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali Cei