Il mondo è tuttora attraversato dal Covid-19 che da alcuni mesi “perseguita” le nostre esistenze, ci obbliga a chiuderci in casa e a interrompere o ridurre le relazioni interpersonali e comunitarie, e porta con sé - assieme a una tragica emergenza sanitaria - una crisi economica e sociale che colpisce in maniera diseguale ogni angolo del pianeta.
La pandemia, occorre ricordare, si aggiunge ai mali endemici che attraversano questa nostra epoca - povertà, guerre, terrorismo, mortificazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, cambiamento climatico e sue conseguenze… -: siamo di fronte a una umanità sofferente che invoca solidarietà: il Mese missionario sollecita, in questo senso, partecipazione alle vicende dei nostri giorni, una rinnovata sensibilità e apertura di orizzonti, e richiama all’animazione - e alla concreta generosità - nella Chiesa locale sul versante della missione ad gentes.
Ci guidano, per questo, le parole che Papa Francesco consegna nel messaggio per la Giornata missionaria mondiale. Vi è forte richiamo alla missione come “risposta, libera e consapevole, alla chiamata di Dio” che possiamo percepire “solo quando viviamo un rapporto personale di amore con Gesù vivo nella sua Chiesa”. Da qui nasce l’“Eccomi manda me” di Isaia. Bergoglio ripropone Gesù - non possiamo mai dimenticarlo - come origine e senso della nostra esistenza, della nostra vocazione, del nostro credere. La missione matura e si alimenta nella relazione con il Signore risorto.
Il Papa, in un altro passaggio, sottolinea che l’amore di Dio “è per ognuno e per tutti” e “chiede la nostra personale disponibilità ad essere inviati, perché Egli è amore in perenne movimento di missione, sempre in uscita da se stesso per dare vita”. È bella questa immagine dinamica dell’amore di Dio per l’umanità, che dovrebbe rispecchiarsi nel nostro procedere verso i fratelli, specie quelli più fragili, provando a testimoniare la medesima bontà e misericordia che Gesù insegna. Non può esserci fede né cristianesimo in cuori induriti, chiusi, egoisti.
“La malattia, la sofferenza, la paura, l’isolamento ci interpellano. La povertà - insiste Francesco - di chi muore solo, di chi è abbandonato a se stesso, di chi perde il lavoro e il salario, di chi non ha casa e cibo ci interroga. Obbligati alla distanza fisica e a rimanere a casa, siamo invitati a riscoprire che abbiamo bisogno delle relazioni sociali, e anche della relazione comunitaria con Dio”.
A sua volta, don Giuseppe Pizzoli, direttore generale della Fondazione Missio, osserva: “Il tema dell’ottobre missionario ‘Tessitori di fraternità’ è più che mai attuale nella situazione dell’emergenza Covid, che ci ha costretto al distanziamento tra le persone”, mentre ora “dobbiamo ricordarci che il Vangelo ci invita a tessere relazioni umane. È questa una nuova sfida missionaria che deve puntare alla verità della testimonianza e dello scambio tra fratelli e con quanti appartengono ad altre religioni o non conoscono ancora il nome di Cristo. Dialogo e annuncio richiedono l’impegno a scommettere sul rapporto con l’altro, con la persona, per ricostruire un tessuto umano nuovo”.
La missione è un ulteriore volto della “Chiesa in uscita” e ogni cristiano è chiamato a farsene interprete mite e coerente, concreto e generoso.
* direttore di “Popoli e Missione”