Con una solenne celebrazione eucaristica in Cattedrale, ieri sera tutti i Gruppi di Preghiera della Diocesi insieme con l’arcivescovo di Lecce mons. Seccia hanno fatto memoria di San Pio da Pietrelcina, nel cinquantesimo anniversario della sua morte e nel centenario dalla sua stigmatizzazione.
“Sono sempre particolarmente lieto di celebrare San Pio con i Gruppi di Preghiera in questo giorno - ha detto mons. Seccia -.Quando la mia mamma mi portò da lui all’età di 10 anni, lo bloccò e gli disse: ‘benedici questo figlio che mi ha fatto passare tanti guai’. Padre Pio tornò indietro e mi mise la mano sulla testa. È un’emozione che si risveglia ogni volta che celebro quest’Eucaristia e ho provato quando ho partecipato alla sua beatificazione e canonizzazione. Ricordo il suo apparire alla finestra, sopra il portone laterale: è una vicinanza spirituale molto intensa, perché ‘quest’uomo - come diceva Paolo VI - portava nel suo corpo le stigmate di Cristo’ e ne ha vissuto la persecuzione quando non venivano riconosciuti il suo stare nel nascondimento e nel silenzio, la sua umiltà. Oggi sono sua gloria e vogliamo chiedergli di insegnarci innanzitutto l’umiltà, la perseveranza nella preghiera ed il sacrificio e affidargli quelle situazioni familiari ed ecclesiali che hanno bisogno di riconciliazione, di esperienza di pace e, quindi, dell’amore di Dio”.
Sei tu Signore l’unico mio bene. “Potremmo portare questo versetto come ricordo di quest’Eucarestia - ha continuato Seccia - mettendo insieme Gesù, San Pio, la nostra vita. Gesù ha detto: ‘Padre vengo per compiere la tua volontà’, prendendo su di sè tutto ciò che potesse offrirgli, perché si rinnovasse nel suo sangue, nell’immolazione sulla croce, la certezza di quell’alleanza che Dio aveva stabilito fin dalla creazione e che poi è stato facile dimenticare. Infatti, la Parola che arriva da Dio è diversa dall’emozione che scaturisce dai sentimenti, guidati dai tre verbi: lo vedo, mi piace, lo voglio. C’è in essi ancora spazio per dire: Sei tu Signore l’unico mio bene? San Pio è vissuto preso totalmente da questo versetto”.
Basta questo per capire come celebrava l’Eucarestia. Inoltre, ha proseguito l’arcivescovo, “dalla devozione, dall’attaccamento affettivo soprattutto voi Gruppi di Preghiera vi sentite Padre Pio vicino e non dimenticate di guardare la malattia come segno di speranza. Perché, per una persona provata nel fisico e in qualche modo partecipe delle sofferenze di Cristo, alzare gli occhi al crocifisso significa chiedere il coraggio, la fiducia di non considerare la malattia come una punizione ed una condanna. San Pio, l’uomo dalle stigmate, non ne ha fatto un’ostentazione, ma un mezzo di purificazione, di intercessione e di offerta e la causa della sua fama è diventata motivo della credibilità della sua parola”.
“La Casa Sollievo della Sofferenza – ha sottolineato - è quella che possiamo chiamare oggi la vera ‘reliquia’ di Padre Pio, perché nel dolore si sperimenta la solidarietà, si riscopre la dignità di essere figli di Dio. Gesù mostra il volto non solo dell’Onnipotente, ma anche di colui che dice: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. Ecco S. Pio! Quante persone hanno trovato in lui il confessore severo, “per permettere la presa di coscienza autentica del peccato”, che aveva alienato quelle anime a Dio o al prossimo. “Se ci fidiamo di Dio - ha concluso l’arcivescovo - qualunque cosa avvenga nella nostra vita siamo sicuri, perché fidarci significa affidarci e, perciò, confidare in lui”. Così ha agito San Pio e “per sua intercessione impariamo a fare altrettanto anche noi”.