I miei nonni materni non avevano più l’abitudine di uscire insieme per passeggiare in città. Con l’avanzare dell’età, molte abitudini si cancellano naturalmente.
Una pregiata ricerca storica per la scoperta del volto attuale di Lecce, viene a colmare un vuoto di memoria sul suo recente passato e costituisce un decisivo contributo per vivere il presente con consapevolezza per ricavare con chiarezza orientamenti utili alla costruzione del prossimo futuro della Chiesa diocesana.
Un argomento che tempo addietro sarebbe sembrato difficile da affrontare parlando delle espressioni artistiche quattro-cinquecentesche presenti a Lecce, città barocca per eccellenza, oggi merita una revisione perché l’insufficienza di quelle risalenti al periodo rinascimentale, si sta colmando e, ultima in ordine di arrivo, è la rinnovata presenza del Ninfeo di Villa Fulgenzio della Monica (nel complesso del convento dei Frati Minori, detti di Fulgenzio).
In tutta la provincia di Lecce le feste pasquali hanno il loro epilogo con la Pasquetta, diversamente detta riu o pascareddhra: una scampagnata con annessa merenda che si fa domani il Lunedì dell’Angelo e che i leccesi protraggono al martedì, rispettando un’antichissima consuetudine, retaggio del rito bizantino.
La Pasqua è una festa di origine ebraica e ricorda la fuga dall’Egitto del medesimo popolo. Il nome originario deriva da pessah, che significa letteralmente “saltare oltre”, in ricordo della notte quando il Signore oltrepassò le case degli Ebrei, contrassegnate dal sangue dell’agnello sacrificato, risparmiandone i figli maschi.
La Pasqua è una festa mobile e si celebra la prima domenica dopo il plenilunio che segue l’equinozio di primavera, secondo la decisione del Concilio di Nicea (325), confermata dal Concilio di Trento (1546-1563).