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Quando mi è stato chiesto di scrivere un articolo per don Vito, in occasione del suo XXV di ordinazione sacerdotale, la mente ha iniziato a generare ricordi, e non pochi. Sì, perché don Vito, per me, non è solo un confratello, o il vicario generale della nostra diocesi, ma anche e soprattutto un compagno di viaggio.

 

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Riecheggia ancora in noi quel canto dedicato alla Madonna che don Vito Caputo, appena ordinato sacerdote, volle rivolgere a Maria perché gli fosse sempre accanto e lo proteggesse nel cammino di vita che a cui era stato chiamato.

 

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«Ho capito che la scrittura non è un gioco, ‘na noia come me l’avevano sempre insegnata, ho capito che serve veramente, e che è l’unico mezzo che può racconta’ quello che vedo, che m’esplode dentro».

 

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Il passaggio di consegne concernente la parrocchia di San Pio X in Lecce organizzato un anno e mezzo fa da don Vito Caputo con estreme cordialità e comunione presbiterale, insieme al contributo fornito da entrambi nel consiglio episcopale fino a settembre scorso, rappresentano cronologicamente solo gli ultimi atti di un’amicizia è una fraternità presbiterali che inaspettatamente ci lega da venticinque anni.

 

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È stata una delle figure che maggiormente hanno inciso nella formazione, scolastica e non, delle giovani generazioni degli anni ‘60, ‘70 e ‘80. Stiamo parlando di don Sandro Rotino, sacerdote della Chiesa leccese, di cui quest’anno ricorre il 25^ anniversario della morte, avvenuta il 12 febbraio 1999, all’età di 75 anni.

 

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Ringrazio il Signore per la fraternità che mi lega a don Vito, nata in una lontana notte durante la quale bussò alla porta della mia casa chiedendomi di celebrare il Sacramento della Santa Unzione degli infermi al nonno morente.

 

 

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