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Resterà nella storia della devozione oronziana quanto avvenuto domenica scorsa nella chiesa di Sant’Anselmo a Nin (la città di Nona, antica capitale dalmata).

 

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La storiografia, sin dall’antichità, ci ha consegnato diverse narrazioni di terribili pandemie. Tucidide affrescò con toni impressionanti la peste di Atene del 430 a.C., Galeno ebbe a raccontare invece la tremenda peste antonina del II sec., portata dalle truppe romane rientrate dall’Asia.

 

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È stata scritta una nuova, importante, pagina di devozione oronziana nella giornata di ieri in Piazza Duomo a Lecce.

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Proteggerò questa città”, sono le parole che, almeno stando agli antichi racconti locali, Oronzo avrebbe pronunciato benedicendo Turi, al termine del suo soggiorno in quelle contrade che gli avevano offerto rifugio durante il suo esilio.

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Era una calda mattinata di inizio agosto quando fui raggiunto dalla notizia del giubileo oronziano. Sapere del ritrovamento in Croazia di una reliquia del santo mi sorprese molto.

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Era lo scorso 30 gennaio quando, in una fresca ma luminosa mattinata invernale, la statua di Sant’Oronzo scendeva dal capitello della sua colonna per trasferirsi nell’androne di Palazzo Carafa, opportunamente adattato in un vero cantiere di restauro (LEGGI ARTICOLO).

 

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