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Nella scorsa puntata abbiamo introdotto la seconda agiografia oronziana giunta sino a noi, la Vita de’ Santi Giusto et Orontio Martiri redatta nel 1592 dal vescovo di Vico Equense, mons. Paolo Regio.

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È il 1592. Il Concilio di Trento è già bello che finito, lo scisma dei luterani irrimediabilmente consumato. Il conclave elegge Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini, 1536-1605), uomo colto e austero, intimo amico di spiriti eletti come Filippo Neri, Cesare Baronio e Roberto Bellarmino ma è anche il papa sotto il cui governo sarà condannato Giordano Bruno.

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Le pagine della cinquecentesca Apologia Paradossica di Jacopo Antonio Ferrari, prese in esame nelle puntate precedenti, non si limitano a raccontare la più antica versione della passio oronziana giunta sino a noi ma contengono ulteriori notizie da prendere in considerazione.

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Il momento atteso, alla fine, è giunto. Ad Ostuni, i lavori di restauro della statua di Sant’Oronzo della chiesa di campagna sono terminati ed il simulacro è stato riconsegnato ai fedeli durante un convegno svoltosi nella splendida cornice della cattedrale.

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Nella scorsa puntata abbiamo visto come la prima agiografia oronziana in assoluto compaia tra le pagine dell’Apologia Paradossica di Jacopo Antonio Ferrari del 1571.

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Nella nostra inchiesta sul patrono di Lecce abbiamo già notato come, tra la fine del XII sec. (epoca a cui risale il più remoto documento oronziano oggi disponibile, il Diploma di Tancredi) e gli inizi del XVI sec., il nome del martire venga evocato quasi di sfuggita in ben poche fonti letterarie.

 

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