Il 17 dicembre 1670, giorno di mercoledì, all’età di 75 anni moriva in Lecce il «Vescovo Aloisio Pappacoda, cavaliere napoletano, gran letterato e dottore dell’una e dell’altra legge […] Fu uomo zelante della disciplina ecclesiastica anzi rigido»; ma soprattutto fu un prelato «amato e temuto».
Chi scrive o parla pubblicamente può ben comprendere quanto il periodo breve e l’uso di vocaboli comuni anziché dotti, richiedano un’attenta ricerca e una scelta lessicale perché sono incaricati di esprimere in sintesi e con chiarezza il pensiero.
È inutile prendersi in giro. Chi potrà permetterselo economicamente, chi non ha rimorsi di coscienza e chi è abituato a intravvedere l’aspetto materiale, trascorrerà il Natale come sempre ha fatto.
Riprendo il filo del discorso iniziato l’1° dicembre scorso, e osservo che dall’ipotetica voce del latino parlato camminus (di origine celtica), proviene il verbo camminare, spostarsi a piedi, azione che consente di vedere ciò che si attraversa o si costeggia senza alcun filtro deformante della realtà.
Ricordare, testimoniare, non volere dimenticare - anche gli orrori, le vergogne e i soprusi - permette agli individui di crescere, confrontarsi, migliorare e, alle collettività, di non essere sopraffatte e di ripensare agli errori per non ripeterli.
Tutto ciò che è appuntito e lascia un marchio, un’impronta sfigurante (a volte, però, può esserlo un ricordo, un gesto, un’offesa), proviene dal termine latino stilus, stile.